È la mattina del 2 novembre 1975, una donna nota un corpo massacrato che giace sulla terra polverosa dell’Idroscalo di Ostia. L’attore Ninetto Davoli viene chiamato sul luogo per riconoscere il cadavere. Il volto è tumefatto per le bastonate, la testa fracassata, però a lui è chiaro: quell’ammasso di carne è ciò che resta di Pier Paolo Pasolini.
È la sera del 1॰ novembre 1975, l’intellettuale si trova a bordo della sua Alfa Romeo 2000 grigio metallizzato. Arrivato a Piazza dei Cinquecento, zona Stazione Termini, nota un “ragazzo di vita”: il suo nome è Giuseppe Pelosi e ha 17 anni. Pasolini lo avvicina e lo invita a salire in macchina. In cambio gli promette una somma in denaro. Pino, così si faceva chiamare dagli amici, inizialmente restio, accetta. Dopo aver divorato un piatto di spaghetti aglio e olio insieme al regista, che si limita a bere una birra, il giovane si posiziona sul sedile della macchina, che si allontana verso il litorale romano.
Sono passate poche ore dal ritrovamento del corpo, Pino confessa: è stato lui a uccidere Pasolini. Fermato mentre guidava l’Alfa in contromano, inizialmente viene accusato solo di furto. A incastrarlo definitivamente è uno dei suoi anelli ritrovati sulla scena del crimine. Dopo aver rifiutato di effettuare prestazioni sessuali, il 17enne prende un paletto per difendersi dall’ira dello scrittore. Lo colpisce fino a farlo stramazzare al suolo e infine lo investe più volte con l’Alfa 2000 prima di darsi alla fuga. Giuseppe Pelosi viene condannato a nove anni per omicidio.

La pista alternativa: il delitto politico
In molti si opposero a questa versione dei fatti. Per alcuni, il movente dell’omicidio sarebbe politico e Pino avrebbe rappresentato soltanto un’esca. Oriana Fallaci su l’Europeo scrisse: “Esiste un’altra versione della morte di Pasolini; una versione di cui probabilmente le forze di polizia sono già a conoscenza, ma di cui non parlano per poter condurre più comodamente le indagini”. Alcuni scritti sarebbero il motivo, tra cui il romanzo – rimasto incompiuto – Petrolio, legato alle figure di Enrico Mattei e Eugenio Cefis, e l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera intitolato Cos’è questo golpe? Io so, in cui il poeta sostiene di essere a conoscenza dei nomi dei responsabili delle sanguinose stragi di Milano e Brescia.
La ritrattazione di Pelosi
Nel 2005 arriva la svolta con la ritrattazione di Giuseppe Pelosi: “Non sono io l’assassino di Pier Paolo Pasolini”. Durante un’intervista in diretta, l’allora 47enne spiega che l’omicidio era stato perpetrato da tre persone, dichiarazione che fa riaprire le indagini senza successo. Il caso viene archiviato definitivamente nel 2015. A 50 anni da quel giorno, la morte di Pasolini continua a pesare sull’Italia. Il delitto parla ancora, con degli interrogativi che restano al presente e che forse sono destinati a rimanere nell’oscurità di quella notte all’Idroscalo di Ostia.