"Pieni poteri" a Orbán"Ha il controllo di tuttonoi giovani frustrati"

Parla uno studente ungherese vicino al partito d'opposizione Momentum

«Questa non è la fine della nostra democrazia e Orbán poteva già fare quello che voleva. Il sistema che ha creato cadrà solo quando sarà in pensione o morto. Per noi giovani è frustrante». Kristóf Molnár è un ragazzo ungherese di 23 anni appena tornato da un Erasmus in Germania. È vicino a diversi esponenti di Momentum, un giovane partito di opposizione nato nel 2016, che ha ottenuto il 10% dei consensi alle ultime elezioni europee del 2019. Ora si sta per laureare in giurisprudenza, dopo aver scritto una tesi sulla responsabilità dei governi nei sistemi parlamentari e come tanti suoi coetanei vuole andarsene dall’Ungheria.

L’altro ieri il Parlamento ungherese ha votato i pieni poteri per il premier Viktor Orbàn, per combattere l’emergenza coronavirus. Ora potrà governare per decreto e limitare fortemente il parlamento, mentre gli autori di “false notizie” saranno puniti con la galera. Tutto mentre il Paese dichiara solo 525 casi e 20 morti. In Italia e in Europa in molti parlano dell’inizio di una dittatura. Pensi che la democrazia in Ungheria sia davvero finita?

«Non direi che la democrazia è finita, perché formalmente abbiamo ancora elezioni libere, altri partiti politici e alcune istituzioni pubbliche indipendenti. La nostra democrazia è ancora viva, ma molto debole. Questa legge di emergenza è stata un’ottima possibilità per Fidesz (il partito guidato da Orbán n.d.r.) di costruire la narrativa di una “opposizione alla nazione” che “incoraggia la diffusione della pandemia”. Ora il governo può agire indipendentemente dal parlamento in molti settori, senza limiti di tempo. Ma Orbán negli ultimi anni ha già potuto fare qualsiasi cosa con la sua super-maggioranza. Formalmente potremmo dire che c’è una dittatura se questa legge di emergenza non verrà ritirata dopo la fine della pandemia, ma penso che il Primo Ministro non lo farà, perché la sua popolarità sarà abbastanza forte da fargli vincere le prossime elezioni nel 2022».

Cosa significa essere un giovane ungherese oggi? Ti senti libero di esprimere le tue idee nel tuo Paese? E i tuoi coetanei cosa pensano del Governo?

«Io penso che la situazione sia piuttosto frustrante per le giovani generazioni. Possiamo ancora esprimere liberamente le nostre idee, per fortuna non abbiamo ancora raggiunto quello status di autocrazia, ma la situazione è seria. Io a settembre spero di tornare in Germania per iniziare la mia vita postuniversitaria a Berlino. Orbán è il nostro Primo Ministro dal 2010 e ha completamente trasformato il nostro Paese, controllando politica ed economia. Ora c’è un sistema nazionalista, paternalista e populista dove tutto e tutti dipendono dal leader. Il sistema è per lo più stabile a causa della sua efficace propaganda. Dopo il 2015 e la crisi dei rifugiati, ha costruito la narrativa “Difensore dell’Ungheria”, con frasi nazionaliste e anti-migranti. Questo lo ha reso ancora più vincente, soprattutto tra gli anziani, che hanno paura degli stranieri. Ma tra i giovani elettori la sua popolarità è più bassa. Il suo partito è circa al 25% tra di noi, testa a testa con Momentum. La maggior parte dei miei amici è contraria a Orbán, ma sono per lo più studenti universitari di Budapest o di altre grandi città. In questo gruppo di elettori Orbán non è così popolare, le sue roccaforti sono nei villaggi, nelle piccole città e tra le persone non istruite».

Diversi osservatori internazionali che hanno studiato la situazione ungherese degli ultimi anni dicono che Orbán è praticamente invincibile. È davvero così?

«Hanno quasi del tutto ragione. Il successo di Orbán riguarda principalmente due cose. La prima è l’economia. Quando ha assunto la guida del Paese, nel 2010, eravamo in crisi economica. Da allora l’economia è cresciuta continuamente. Il tasso di disoccupazione è in calo, gli stipendi stanno lentamente crescendo e l’UE sta inviando molti soldi in Ungheria. Per questi motivi le persone si sentono al sicuro, hanno il loro lavoro. L’altra cosa è il lato istituzionale del sistema di Orbán. Data una legge elettorale che lo favorisce, l’unico modo per sconfiggerlo è formare un nuovo grande gruppo politico. In ogni circoscrizione un solo politico dell’opposizione dovrebbe correre contro il candidato di Fidesz, ma la diversità ideologica tra i partiti d’opposizione rende tutto complicato. Quindi non direi che è invincibile, ma la realtà è che il suo sistema cadrà solo quando sarà in pensione o morto».

Allora ha ragione l’ex premier Ferenc Gyurcsány, intervistato da Repubblica, che propone di unire tutti i partiti di opposizione, compreso l’ex nazionalista Jobbik, contro Orbàn?

«Questo è davvero l’unico modo possibile per sconfiggere Fidesz, ma Gyurcsány è un politico molto divisivo. Per molti aspetti è un Berlusconi d’Ungheria. Però è l’unico personaggio forte dell’opposizione: è l’ultimo che ha sconfitto Orbán e le sue capacità oratorie lo rendono ancora l’alternativa in campo».

Tra l’altro il vostro primo ministro è uno dei leader europei più contrari a una maggiore integrazione politica del Continente e alla divisione dei rifugiati tra i Paesi Membri. Oggi si oppone anche agli eurobond. Tu conosci diversi esponenti di Momentum, che è stato tra i protagonisti delle proteste contro l’ultima riforma del mercato lavoro che l’opposizione chiama “legge schiavitù”. Questo movimento per te è una speranza per il futuro?

«Orbán sta facendo una politica a due facce. In Ungheria è il “combattente per la libertà”, che difende l’Europa dagli immigrati e che cerca di riformare “l’amministrazione corrotta” di Bruxelles. Ma quando è a Bruxelles cerca solo di ottenere più soldi possibili per l’Ungheria. Non crede nell’UE, tiene il Paese nell’Unione solo per i fondi strutturali. Momentum può essere una nuova speranza per il paese, perché sono giovani, puliti e filo-europei. Ma è importante sapere che in Ungheria al momento è impossibile che un partito liberale possa vincere un’elezione. La maggior parte degli ungheresi è abituata a governi nazionalisti e la parola “liberale” è il male assoluto per molti elettori. Momentum è un partito liberale, ma cerca sempre di non dirlo pubblicamente. Questo potrebbe essere un problema per loro se volessero governare in futuro».

Giacomo Andreoli

Nato a Roma il 16/08/1995. Laureato triennale in Filosofia all'Università degli Studi Roma Tre, ha collaborato con il magazine "Wild Italy" ed il quotidiano del litorale romano "Il Corriere della Città". Si è occupato principalmente di cronaca e politica locale (Anzio, Aprilia, Latina, Pomezia, Roma) e nazionale-europea (con focus ed approfondimenti).