HomeCronaca Silvia Romano, minacce di morte sui social. Procura valuta la scorta

Minacce a Silvia Romano
A Milano volantino choc
"Stufi di pagare riscatti"

Sui social duri insulti: "Impiccatela"

La procura valuta se metterle la scorta

di Serena Console12 Maggio 2020
12 Maggio 2020

Un sorriso, un abbraccio con i familiari, l’abito verde della tradizione somala e l’annuncio alla conversione all’Islam. Non è un’accoglienza segnata dalla gioia, quella di Silvia Romano. Perché in Italia essere una donna, una volontaria coraggiosa che sceglie di convertirsi a una religione da molti ritenuta ostile sono tutti elementi per scatenare l’odio di una massa di islamofobi e misogini a trazione patriarcale.

Da quando è tornata in Italia, dopo 18 mesi di prigionia nelle mani del gruppo jihadista Al Shabaab, la giovane cooperante milanese ha dovuto conoscere anche l’odio dei social, di direttori di giornali e di politici. Ma le istituzioni si stanno muovendo a difesa della ragazza. Il responsabile dell’antiterrorismo milanese, Albero Nobili, ha aperto un’indagine per gli insulti e le frasi minacciose, comprese quelle di morte, rivolte sul web a Silvia Romano. L’ipotesi, contro ignoti, è di minacce aggravate.

Ma la campagna d’odio sta spingendo la Procura di Milano, città in cui vive la cooperante, a valutare diverse misure di protezione, mentre il palazzo del quartiere meneghino del Casoretto in cui abita con i genitori è già sorvegliato dalle forze dell’ordine: non un presidio fisso, ma in mattinata diverse volanti della Polizia hanno pattugliato la zona per garantire sicurezza alla ragazza e alla famiglia Romano.

A nulla servono gli appelli di Silvia che, posta in isolamento domiciliare come prevedono le disposizioni per il contenimento del coronavirus, chiede ai giornalisti e fotografi di “rispettare questo momento”. Perché quando è arrivata nella periferia nord della città milanese, ad accoglierla non ci sono stati solo gli applausi del vicinato, ma anche i cronisti alla ricerca dello scoop e messaggi polemici sull’operazione di riscatto.

Un volantino incollato sulla vetrata posteriore di un’edicola, poco distante dall’abitazione della giovane recita: “Tanti di noi sono stufi di dover pagare i riscatti, specie di questi tempi. Salvare una vita, meritevole, per metterne a rischio molte altre?”, si legge su foglio, su cui ci sono le critiche per le ingerenze politiche delle Ong, attribuendo alle organizzazioni la responsabilità del pagamento del riscatto. L’edicolante, una volta accortosi del manifesto apposto sul suo chiosco, lo ha subito strappato e distrutto.

Ma la caduta di stile peggiore è quella del un consigliere comunale di Asolo (Treviso): Nico Basso, ex assessore della giunta comunale leghista del comune trevigiano, su Facebook, ha postato una foto di Silvia Romano, scrivendo “impiccatela”. L’orribile post è stato subito cancellato dallo stesso leghista dopo che è stato duramente condannato anche dal sindaco del comune del trevigiano Mauro Migliorini, che ora starebbe valutando le richieste di dimissioni di Basso. È l’ennesimo episodio che testimonia come il caso stia assumendo toni preoccupanti, tanto da portare la Procura di Milano ad affidare la scorta alla giovane cooperante.

Sul quotidiano La Repubblica oggi si leggono maggiori dettagli del rapimento e del riscatto pagato al gruppo jihadista Al Shabaab. Il portavoce dell’organizzazione terroristica, Ali Dehere, ha confermato le ipotesi che ventilavano da giorni: i soldi del riscatto serviranno per finanziare il gruppo per l’acquisto di armi, ma anche per costruire scuole e strutture nella zona somala controllata dal gruppo fondamentalista e che sfugge al controllo delle autorità di Mogadiscio.

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