Sergio Splendore, professore associato di Sociologia dei media nel Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’Università di Milano, è autore di libri sul giornalismo, tra cui “Le vie del giornalismo”, scritto con Carlo Sorrentino, e “Giornalismo ibrido, come cambia la cultura giornalistica italiana”. A Lumsanews sottolinea il possibile utente medio di Welcome to Favelas, interrogandosi sul concetto di citizen journalism.
Splendore, secondo lei Welcome to Favelas è una realtà indipendente?
“Tutte le realtà di informazione al mondo nella nostra contemporaneità sono direttamente dipendenti dalle piattaforme e dai loro algoritmi, ma anche dai meccanismi che le piattaforme impongono. Esistono rarissime eccezioni nel panorama giornalistico italiano in particolare, mondiale in generale. Welcome to Favelas si può dire che distribuisca dei contenuti che nascono come indipendenti perché nascono dalle loro idee”.
Che tipo di pubblico ha Welcome to Favelas?
“Un tipo di pubblico estemporaneo agganciato dalle timeline cangianti velocemente nei propri social media e attratto dalla violenza raccontata in video. Dunque, non credo che esista un lettore medio. Se esiste, è possibile che sia magari con poca alfabetizzazione digitale o curioso di quegli eventi di violenza, perché poi comunque le serie televisive violente ce le guardiamo tutti. Vedere quella trasposizione in “video amatoriali” può suscitare un interesse, no?”
Può essere considerato un esempio di citizen journalism?
“Per quanto cisiano sfumature di significato differenti su che cosa sia davvero citizen journalism, credo però che Welcome to Favelas possa essere considerato come un collettore di schegge di produzione di informazione fatte da soggetti che non possono considerarsi giornalisti”.
Il cambiamento della linea editoriale di Welcome to Favelas si può ricondurre a Elon Musk?
“Da una parte è possibile che il cambiamento sia stato un po’ accelerato dalla vicinanza con persone che fanno parte dell’area di Elon Musk. Dall’altra mi pare anche che quando un progetto va avanti per così tanto tempo e in qualche modo comincia a vendersi come informativo, poi comincia a dare una linea editoriale a quel che produce. Mi pare quasi inevitabile”.
Che tipo di follower o lettore medio ha Welcome to Favelas?
“Non credo che esista un lettore medio. Se esiste, è possibile che sia qualcuno magari con poca alfabetizzazione digitale o con la curiosità di quegli eventi di violenza. Non mi stupirei se l’interesse per la politica fosse molto basso, soprattutto quello nella politica dei partiti. Poi potrebbe invece anche essere che sia alta e che sia identificabile con determinati partiti del centrodestra, ma questo può confermarlo solo un sondaggio”.
L’assenza di profilo definito dipende dalla community?
“Suppongo non esista una community che si riconosce attorno a quel brand, come accade per altri tipi di iniziative quali Will e Factanza, dove c’è una cura della comunità che sta attorno a quel determinato brand. Qua non mi pare che ci siano stati sforzi da parte della produzione di costruirla, anche se ora stanno cominciando a fare degli incontri anche offline. Un passaggio per riuscire a costruire quella comunità”.