Lo stratega di Orbán"Ecco perché in Ungherianon c'è una dittatura"

Intervista all'europarlamentare Hidvéghi "Su coronabond ancora troppe incertezze"

«Sui coronabond ci sono incertezze, ma abbiamo bisogno di una soluzione comune. Dittatura in Ungheria? Accusa sconcertante. Lo stato di emergenza finirà quando i casi potranno essere gestiti». Fidesz, il partito di Viktor Orbán, risponde per la prima volta alle domande di un giornale italiano, dopo i cosiddetti “pieni poteri” accordati al premier ungherese lo scorso 31 marzo. Lo fa tramite l’europarlamentare Balázs Hidvéghi, politico di lungo corso (dal 1989), nonché stratega ed ex responsabile della comunicazione del partito.

Partiamo dal dibattito del momento: siete d’accordo con la proposta italo-francese, che verrà discussa domani al Consiglio europeo, di un Fondo europeo per la ripresa finanziato da “coronabond” o più contributi dei paesi membri?

«Riguardo a questo le incertezze sono ancora troppe. Ma credo che serva una soluzione finanziaria per la ripresa accessibile a tutti gli Stati membri. Questo è un periodo di test per l’Ue: sarebbe davvero problematico se Bruxelles dimostrasse di non essere utile per gli Stati e il popolo europeo. Finora abbiamo visto poco di concreto dall’Unione».

Veniamo alla legge sui “pieni poteri”. Molti la ritengono sproporzionata visti i casi di contagio in Ungheria (appena 447 quando è stata approvata). Si è parlato dell’inizio di una “dittatura”. Come replicate?

«Ci si chiede: quanti cittadini ungheresi dovrebbero morire per queste persone per dire che la legge è proporzionata? L’esecutivo è riuscito a mettere in campo le misure necessarie già a un livello di infezione inferiore. Così non sono esplosi i casi. Le accuse di ” dittatura” sono scandalose. Vengono dagli stessi circoli liberali che ci attaccano da quasi un decennio ed è sconcertante che nemmeno il virus possa impedirgli di giocare ai loro meschini giochi politici».

Ma nella legge c’è scritto che il Governo “può sospendere l’applicazione di alcune leggi tramite decreto”. Non solo, il Parlamento può abolirla solo quando finisce lo stato di pericolo che viene deciso dall’esecutivo. Quale numero di casi e quale di persone guarite vi faranno dichiarare la fine dell’emergenza?

«La nostra Costituzione consente al governo di introdurre vari ordinamenti in caso di emergenza. Sono misure per la difesa del Paese. Ad esempio: modifica delle leggi sulla corsia preferenziale, chiusura dei confini, sospensione del pagamento dei mutui, ecc. Ma i diritti fondamentali non possono essere limitati e lo stesso vale per la Corte costituzionale. L’emergenza finirà quando non saranno necessarie altre misure restrittive per mantenere il numero di casi a un livello gestibile dal sistema sanitario. Inoltre l’Assemblea nazionale può revocare lo stato di pericolo in qualsiasi momento» (secondo la legge il Parlamento può revocare la validità dei decreti speciali oltre i 15 giorni, ma 2/3 del parlamento sono in mano a Fidesz – ndr).

La seconda parte della legge condanna chi diffonde “fake news” sul virus con il carcere fino a cinque anni. Reporter senza frontiere ha detto che “il governo deciderà quali notizie sono vere e quali sono false”.

«Questa parte della legge è stata completamente fraintesa. La punizione per la diffusione di notizie false fa già parte della legge penale in Ungheria, proprio come in quasi tutti gli altri paesi. Ma questo non ha mai comportato limitazioni per quanto riguarda la libertà di parola e nessun giornalista è stato attaccato. L’unica modifica è che la pena massima è aumentata di due anni. In periodi come questo le conseguenze della diffusione di notizie false possono essere più gravi, quindi anche la punizione deve essere più severa».

Però la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen ha parlato di una possibile procedura di infrazione per violazione dei valori fondamentali dell’Unione. Si moltiplicano anche le richieste nel Ppe per espellervi. Perfino i vostri amici di Forza Italia vi consigliano di fare un passo indietro con la legge. La cambierete o affronterete la resa dei conti nel partito?

«Il nostro gruppo politico è sempre stato aperto a un confronto e siamo pronti a difendere la nostra opinione. Tuttavia, come ho detto prima, questo non è il momento dei dibattiti. Ogni momento che sprechiamo in conflitti politici può costarci la vita. Comunque vorremmo trasformare il Ppe in un partito democratico cristiano più tradizionale e più coraggioso. Abbiamo visto il partito perdere il suo carattere e corteggiare la sinistra. I nostri sforzi si concentrano sul cambiarlo».

Secondo il Parlamento europeo le riforme degli ultimi dieci anni in Ungheria indeboliscono lo Stato di diritto. Voi parlate di “democrazia illiberale”. Mi tolga una curiosità: che vuol dire? Non è un ossimoro?

«La frase è stata presa da un discorso di Orbán del 2014 e da allora è stata male interpretata. Molti ideologi, soprattutto dell’Ovest, interpretano la democrazia come sinonimo di liberalismo. Questo è il motivo per cui parlare di “democrazia illiberale” potrebbe sembrare scioccante. Ma Fidesz è stata fondata nel 1988 contro la dittatura comunista e la democrazia per noi è un valore fondamentale. Non neghiamo i valori del liberalismo classico, ma non accettiamo che le moderne idee liberali di sinistra siano l’unica norma. Crediamo in una democrazia in cui i valori cristiani tradizionali e l’identità europea siano rispettati».

Giacomo Andreoli

Nato a Roma il 16/08/1995. Laureato triennale in Filosofia all'Università degli Studi Roma Tre, ha collaborato con il magazine "Wild Italy" ed il quotidiano del litorale romano "Il Corriere della Città". Si è occupato principalmente di cronaca e politica locale (Anzio, Aprilia, Latina, Pomezia, Roma) e nazionale-europea (con focus ed approfondimenti).