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“Ecco la mia Scary Poppins
si chiama Miss Peregrine”

Tim Burton a Roma
“Ecco la mia Scary Poppins
si chiama Miss Peregrine”

di Christian Dalenz07 Dicembre 2016
07 Dicembre 2016

Proprio in questi giorni si celebravano i 23 anni dall’uscita di uno dei suoi film più famosi: “Nightmare Before Christmas”, uscito il 29 ottobre 1993 negli USA e il 5 novembre dello stesso anno in Italia.

Ora Tim Burton, il genio dietro questo e altre opere come “Beetlejuice”, “Mars Attacks!” e “Big Fish” ne fa un’altra delle sue. Esce infatti il 15 dicembre, in Italia, “Miss Peregrine – La casa dei ragazzi speciali”, già nelle sale americane da fine settembre.

Un ragazzo di nome Jake (interpretato da Asa Butterfield), goffo e timido, è il protagonista della storia. Chiede al padre di accompagnarlo sull’isola gallese di Cairnholm, teatro delle storie fantastiche che gli raccontava il nonno.

Qui scopre che l’isola è residenza di Miss Peregrine (Eva Green), che Tim Burton ha definito la sua “Scary Poppins”, e di una combriccola di ragazzi che lei chiama, appunto, “speciali”, in quanto tutti in possesso di poteri magici. C’è chi può dare vita a oggetti inanimati, chi ha denti affilati come rasoi dietro la testa. E persino chi fa sogni premonitori.

Miss Peregrine è una sorta di stregona, in grado di trasformarsi in uccello e di fare altri incantesimi. Con uno di questi, ha bloccato il tempo al 1943, un giorno prima che una bomba dei nazisti distruggesse l’orfanotrofio presente sull’isola. In questo modo riesce a proteggere i ragazzi dai mali del mondo esterno.

Il regista ha presentato a Roma il suo nuovo film, ispirato a un romanzo di Ransom Riggs. “Mi ha incuriosito il titolo del libro, perché quei ‘ragazzi speciali’ mi ricordavano me da bambino”, spiega per motivare l’ispirazione alla base di questo lavoro. “Io non ero un bambino particolarmente strano, o almeno non mi ci sentivo, ma gli altri mi consideravano così. Ho opposto resistenza, ma questo a volte ti isola ancora di più. Sta di fatto che sto ancora elaborando questi temi con i miei film: forse è la forma di terapia più costosa che esista”.

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