Tra no vax, pirateria e revenge porn: i buchi neri di Telegram

Insulti, minacce di morte, foto e video sessualmente espliciti: sono questi i contenuti che migliaia di utenti veicolano su Telegram. La terza app di messaggistica istantanea più scaricata in Italia – dopo Whatsapp e Messenger – ha da poco superato un miliardo di download a livello globale, come riporta l’ultima indagine del sito di ricerca Sensor Tower. Nella prima metà del 2021 i nuovi iscritti sono stati 214,7 milioni, rispetto ai 133 milioni del primo semestre del 2020. Un successo che dipende anche e soprattutto dalla tutela della privacy degli utenti, risorsa e arma, di un’app che rischia di diventare uno strumento di disinformazione e di incitamento alla violenza.

Le chat no vax e no pass, tra disinformazione e terrorismo

Giornalisti, politici ed esperti, infatti, sono entrati nel mirino delle chat Telegram dei “no vax” e “no pass”, luoghi virtuali dove alcuni utenti incitano ad azioni violente contro i simboli della pandemia. Di recente, la Procura di Milano ha aperto un procedimento contro otto iscritti della chat “i Guerrieri“, di cui facevano parte circa 200 utenti. Ancora prima, il gruppo Telegram “Basta dittatura” con i suoi 43mila iscritti era finito nel mirino della Procura di Torino. Sono solo due esempi del fenomeno dilagante dell’induzione all’odio attraverso la piattaforma di messaggistica che diventa anche uno strumento per incitare alla violenza e divulgare teorie senza fondamenta scientifiche. Il professore di Diritto dell’Informazione Ruben Razzante spiega a Lumsanews che “tramite i canali Telegram si può arrivare a condividere informazioni di natura terroristica o piani sovversivi” e per questo è necessario innalzare il livello di vigilanza. L’equilibrio tra libertà d’espressione e responsabilità “è molto delicato” e quindi “è necessario che i gestori delle piattaforme cooperino con le autorità nella lotta contro i reati online”. Marisa Marraffino, avvocatessa specializzata in reati informatici, nel raccontare a Lumsanews la sua esperienza con minorenni iscritti involontariamente in gruppi “no vax”, evidenzia che spesso sono proprio i più giovani a essere adescati.

Pirateria, le chat Telegram come fonte di informazione gratis

Durante il lockdown, la fruizione di quotidiani e riviste è aumentata. Nonostante le edicole siano rimaste aperte per tutto il periodo, molti utenti iscritti all’app di messaggistica con sede a Dubai si sono organizzati per fruire gratuitamente, e quindi illegalmente, dei prodotti editoriali. Per cercare di arginare questo fenomeno, in realtà non nuovo, la Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg), ha deciso di fare un esposto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), chiedendo la rimozione dei contenuti. Come sottolineato in un articolo del Sole24Ore del 28 aprile 2020 le copie distribuite gratis sulle varie piattaforme saziano la sete di informazione di oltre due milioni di utenti, che ogni giorno scaricano contenuti gratuitamente. Dopo l’esposto Fieg, alla fine dello scorso aprile, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari si è attivata e in seguito alle indagini svolte, ha disposto il sequestro di 329 canali Telegram su cui venivano diffuse le copie dei maggiori quotidiani italiani. I reati ascritti dalla procura sono stati: accesso abusivo a sistema informatico, furto, violazione del diritto d’autore e riciclaggio. Episodi isolati, che di per sé non risolvono il problema della pirateria. Razzante su questo punto sottolinea che la nuova disciplina derivante dalla direttiva europea del 2019, in via di recepimento in tutti gli Stati della Ue, rafforza il copyright e “vincola le piattaforme online a riconoscere un compenso ai produttori di contenuti”.

Il Revenge porn e le violazioni dell’intimità su Telegram 

La cosiddetta “Pornografia Non Consensuale”, anche conosciuta come Ncp o Revenge Porn, è una delle attività che proliferano sulle app di messaggistica online. Dal 2019 la dicitura “diffusione di immagini o video dal contenuto sessualmente esplicito” è stata introdotta nel codice penale. “L’aspetto più subdolo di questo tipo di reato è spesso la leva emotiva degli autori sulla fragilità psicologica della vittima”, spiega a Lumsanews Marraffino. Quello del Revenge Porn “è un reato trasversale”, che può coinvolgere vittime minorenni così come persone più mature. “La norma riguarda anche i deepfake o selfie che la vittima non vuole vengano diffusi a terzi”. Ma qual è la portata del fenomeno su Telegram? Nel 2020 PermessoNegato, associazione no-profit che si occupa del supporto tecnologico e legale alle vittime di  Ncp, ha rilevato 89 canali attivi nella condivisione di contenuti sessualmente espliciti. Un giro da oltre sei milioni di account, con il gruppo più numeroso che arriva a 997.236 utenti. 

Disciplinare Telegram senza limitare la libertà di espressione

Telegram, spesso messa a confronto con Whatsapp, è un’app di messaggistica che ha peculiarità uniche: gli utenti possono creare “chat segrete” o da oltre 200mila iscritti, oppure possono nascondere il numero di cellulare. Come spiega a Lumsanews l’avvocato Guido Scorza, membro del Garante per la protezione dei dati personali, è difficile dire se Telegram sia l’app che più di tutte tutela la privacy dei propri iscritti. Molte altre applicazioni, infatti, “garantiscono un analogo livello di tutela della riservatezza delle comunicazioni scambiate sugli utenti”. Per tutte le app è però vera una cosa: è complicato bilanciare la privacy e la segretezza delle conversazioni private con la salvaguardia della sicurezza nazionale, dell’interesse pubblico e del buon costume. Le chat prevedono sistemi di sicurezza e metodi di cifratura. Ma questo, come evidenziato dall’avvocatessa Marraffino, non vuol dire che siano impenetrabili. Quando c’è il pericolo di aggravare le conseguenze di un illecito o agevolare la commissione di ulteriori reati,si può chiedere e ottenere il sequestro preventivo di una chat”. Per l’avvocato Scorza “è importante che la privacy non diventi un alibi dell’inattività del gestore della piattaforma”. “L’euforia partecipativa” nei luoghi di conversazione virtuale non corrisponde, secondo Razzante, a una nuova forma di democrazia elettronica: “Non potrà esserci e-democracy fino a quando rimarranno opacità e indeterminatezza delle regole”. Le conversazioni nei luoghi virtuali sono e dovranno rimanere libere, “altrimenti verrebbe meno la democrazia della Rete”.