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Mano tesa verso i democratici

Trump, discorso conciliante
sullo stato dell’Unione
Mano tesa ai democratici

A camere riunite "The Donald" presenta

i presunti successi dell’amministrazione

di Siria Guerrieri31 Gennaio 2018
31 Gennaio 2018

epa06486959 US President Donald J. Trump delivers his first State of the Union from the floor of the House of Representatives in Washington, DC, USA, 30 January 2018. At rear are US Vice President Mike Pence (L) and Speaker of the House Paul Ryan. EPA/MICHAEL REYNOLDS

“Insieme stiamo costruendo un’America sicura, forte e orgogliosa. Stasera vi chiedo di mettere da parte le nostre differenze, di cercare un terreno comune e di trovare l’unità”. È un Donald Trump insolito, diverso, conciliante. Lontano mille miglia dai toni sopra le righe, dallo stile aggressivo a cui siamo abituati. Il discorso sullo stato dell’Unione pronunciato questa notte (ora italiana) dal presidente degli Stati Uniti non è un affondo sui temi cari del trumpismo. Niente attacchi ai democratici sul tema dell’immigrazione, nessun riferimento al muro lungo il confine con il Messico, archiviata la pagina dello shut down e della contrapposizione esasperata tra democratici e Casa Bianca.

“Stasera tendo una mano aperta: per lavorare con i membri di entrambi i partiti, democratici e repubblicani, per proteggere i nostri cittadini, di qualsiasi estrazione, colore e credo”, sottolinea “The Donald”, parlando di fronte alle camere riunite del Congresso. Ottanta minuti in cui Trump ha sottolineato i successi raggiunti dalla sua amministrazione, presentati però con un tono presidenziale, bipartisan. E’ una mano tesa agli ex nemici giurati: quei democratici che pochi giorni fa avevano preferito la chiusura degli uffici pubblici per mancanza di fondi, piuttosto che accettare di approvare un bilancio dello Stato che avrebbe permesso all’inquilino della Casa Bianca di procedere come un treno sulla linea dura contro i dreamers.

“Questo è il nostro nuovo momento americano. Non c’è mai stato momento migliore per cominciare a vivere il sogno Usa”. Il discorso che il Commander in Chief legge dal gobbo punta sul muovere le corde della condivisione dei valori patriottici, su quell’ottimismo a stelle e strisce che è il sale dell’american way of life. Scritto dal consigliere alla Casa Bianca Stephen Miller, nuovo Rasputin dell’ultra destra suprematista dopo l’epurazione che ha provocato l’espulsione di Steve Bannon, è un discorso inaspettatamente, ma volutamente, bipartisan. Nessuna inversione di tendenza, però, nella rotta tracciata durante il primo anno di presidenza. Quello a cui Donald Trump punta è invece l’appoggio dei democrat al piano da 1.550 miliardi di dollari per la creazione di nuove infrastrutture, che deve superare il vaglio del congresso.

Alla fine però il tycoon riprende il suo consueto stile: trionfante annuncia di aver appena firmato l’ordine esecutivo per tenere aperta la prigione di Guantanamo. Uno schiaffo all’odiato Barack Obama, che della chiusura del contestatissimo carcere speciale aveva fatto uno dei punti di forza del suo programma elettorale.

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