Trump-Putin: la strana coppia
un’intesa che spiazza
incognita sulle relazioni

L'isolazionismo del tycoon e i rapporti con Putin
aprono incognite sul futuro della diplomazia

In quella che è già passata alla storia come la campagna elettorale più trash della storia americana, non sarà sfuggito un elemento di assoluta centralità per noi europei: lo strano feeling tra Trump e Putin. Strano per ragioni storiche e politiche. Storicamente non si era mai vista un’ingerenza così evidente della Russia, o dell’Urss, nelle elezioni politiche degli Usa. Il sostegno di Putin a Trump, stando alle denunce dei democratici, sembra essere andato ben oltre le parole, con veri e propri attacchi informatici volti a condizionare l’esito del voto. Dal punto di vista politico appare singolare come il presidente russo abbia potuto sostenere un candidato repubblicano, considerato che il Grand Old Party in politica estera ha spesso rappresentato il volto più duro e militarista degli Usa.

Cosa è accaduto dunque? Indipendentemente dalle speculazioni che vedrebbero negli interessi economici di Trump in Russia la principale ragione di questo avvicinamento, con il tycoon siamo di fronte ad un personaggio che sfugge a qualsiasi categorizzazione ideologica. Per le elezioni presidenziali del 2000 concorse alle primarie del Partito della Riforma, salvo poi aderire al Partito Democratico e, in ultimo, al Partito Repubblicano con il quale è stato eletto presidente. La politica e le idee di Trump non si rifanno a schemi ideologici precostituiti, anzi si ha l’impressione che proprio l’imprevedibilità sia la caratteristica preponderante del magnate americano.

In secondo luogo ha giocato un ruolo fondamentale l’acredine tra Putin ed Hillary Clinton, già Segretario di Stato americano durante la prima presidenza Obama. Tra il 2011 e il 2012, durante la presidenza Medvedev, la Clinton si schierò a favore di quei tanti manifestanti che chiedevano elezioni libere e democratiche in Russia. Putin non la prese bene. E come non considerare altresì le divergenze sulla Libia e sull’intervento militare che diede una spallata decisiva al regime di Gheddafi nel 2011. Vecchie ruggini dunque, ma quanto mai attuali.

In questa che può essere intesa come una inversione ideologica, il candidato repubblicano è visto dalla Russia come garanzia di pace e stabilità, mentre quello democratico come una minaccia alla pace mondiale. E su questa interpretazione ha inciso anche la retorica isolazionista di Trump: prima l’America. Il tycoon ha attaccato frontalmente l’Isis imputando una serie di errori ad Obama, ma ha anche dato picconate alla Nato, accusando gli alleati di non contribuire abbastanza alla difesa, ed ha escluso ingerenze americane in quei Paesi (Turchia in primis) dove si temono limitazioni delle libertà civili. Musica per le orecchie di Putin.

Totale mano libera alla Russia dunque? Vista la già citata imprevedibilità di Trump sembra azzardata qualsiasi previsione. Certo è che i rapporti Usa-Russia, con tutte le conseguenze per l’Europa, rappresentano ora una preoccupante incognita.

Marco Assab

Nasce a Siracusa nel 1988. Si diploma in recitazione e dizione all’Accademia del cinema e della televisione di Cinecittà nel 2008. Consegue la laurea triennale in Scienze della comunicazione nel 2012 e quella magistrale in editoria e giornalismo nel 2014. Ha svolto un anno di Servizio Civile. Gestisce un canale Youtube e le relative pagine social.