Turchia, nuovi scontri tra Istanbul e Ankara. Erdogan minaccia: “Smettete subito le proteste”

Non si placano gli scontri in Turchia, giunti al loro decimo giorno e a un bilancio complessivo di migliaia di feriti e alcune vittime, anche tra le forze dell’ordine. Dopo una breve tregua, questa mattina ci sono stati nuovi conflitti fra polizia e manifestanti antigovernativi a piazza Taksim, epicentro delle proteste contro il governo di Istanbul.Nel centro della città, gli agenti in tenuta anti-sommossa e con il supporto di veicoli blindati hanno lanciato gas lacrimogeni e usato cannoni ad acqua per disperdere alcuni manifestanti accampati che lanciavano pietre e bottiglie, provocando la morte di un agente di polizia turco.
Intanto nella notte di ieri ad Ankara, centinaia di contestatori sono scesi nuovamente in piazza sfidando il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, che venerdì aveva intimato ai ribelli di «cessare immediatamente la protesta. La nostra pazienza ha un limite». L’intervento della polizia arriva proprio dopo l’annuncio di Erdogan di voler incontrare questa mattina, all’aeroporto di Ankara, proprio i capi della protesta delle diverse città della Turchia
Il governatore di Istanbul, Huseyin Avni Mutlu, ha utilizzato il canale Twitter per ribadire che l’obiettivo della polizia antisommossa era solo quello di rimuovere striscioni e cartelli e ha invitato i giovani che da due settimane occupano piazza Taksim a «evitare provocazioni».
«Non siamo contenti di questa situazione e non vogliamo intervenire. Non vogliamo farvi del male, ritiratevi – ha detto uno degli agenti presenti nella piazza parlando al megafono – Vogliamo rimuovere foto e quant’altro affisso alla statua di Ataturk e sui muri dell’Ataturk Cultural Centre», anch’esso occupato. La polizia ha anche assicurato di non voler sgomberare i manifestanti accampati nell’adiacente parco Gezi, che dovrebbe lasciare posto a un centro commerciale, il cui progetto di dismissione ha acceso le proteste poi trasformatesi in manifestazioni contro il governo.
Continuano anche gli attacchi sul fronte dei social network. Alle prime luci dell’alba tredici manifestanti sono stati arrestati ad Adana, nella Turchia sud-orientale, con l’accusa di avere incitato ai disordini con dei messaggi diffusi su Twitter e Facebook. I social media sono particolarmente presi di mira dal governo per essere stati i principali mezzi di comunicazione e di denuncia delle violenze subite per le migliaia di dimostranti che, nelle ultime due settimane, hanno fatto sentire la propria voce per chiedere le dimissioni di Erdogan.