Ucraina a rischio scissione. Bandiera russa issata sul Parlamento di Sinferopoli

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Mercoledì il parlamento della Repubblica Autonoma di Crimea ha rinunciato a riunirsi in seduta straordinaria per decidere un’eventuale scissione dall’Ucraina. In seguito alla mancata riunione di Simferopol’ (Sinferopoli), la capitale regionale, sono scoppiati disordini di fronte alla sede del Parlamento. Circa duemila persone hanno attaccato le barricate erette dai contro rivoluzionari filo-russi pronti a indire un referendum per determinare la scissione della regione dall’Ucraina. Un buon numero di questi filo-europeisti è di etnia tatara, gruppo indigeno della penisola del Mar Nero alleatosi con i rivoluzionari di Kiev, noti per il loro storico odio nei confronti della Russia sin dai tempi delle deportazioni volute da Stalin nel corso della seconda guerra mondiale.
Durante gli scontri, una trentina di persone armate, probabilmente appartenenti alle forze di autodifesa russofone, è riuscita a penetrare nella sede del Parlamento e a trincerarsi al suo interno. Testimoni affermano di aver visto loro indossare un nastro bicolore nero-arancione, tipico simbolo della vittoria sovietica nel secondo conflitto mondiale. Una volta posto sotto controllo il palazzo, i militanti filo russi hanno sostituito la bandiera ucraina con il tricolore moscovita, issato accanto a quello della Crimea, ed esposto uno striscione con scritto “Crimea è Russia”. Altri gruppi contro rivoluzionari, provenienti da altre città della Crimea, stanno convergendo su Sinferopoli.
Il ministro degli interni ad interim Arsen Avakov ha reagito alla presa del parlamento mettendo in allerta le forze speciali di polizia, decisione presa “per fronteggiare lo sviluppo di azioni estremiste” e “scontri armati nel centro della città” ed “evitare un bagno di sangue”.

Parallelamente a quanto sta accadendo a Sinferopoli, lungo la sponda occidentale del paese, il Cremlino ha predisposto uno stato di allerta attivando così un piano di esercitazioni per la marina, l’aeronautica e l’esercito. La decisione presa da Putin, che sicuramente ha influito negativamente sull’umore dei rivoluzionari della Maidan, permetterà alle diverse forze armate di mettere in sicurezza le fabbriche e gli arsenali militari di proprietà russa dislocati sul Mar Nero.
Sergei Shoigu, ministro della difesa, ha dichiarato che “il comandante delle forze armate ha predisposto queste esercitazioni per testare l’effettiva capacità delle truppe nel mantenere la sicurezza del paese. Questi test non hanno nulla a che fare con i disordini ucraini”. Le esercitazioni termineranno solo il 3 marzo.
All’annuncio russo risponde il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che si è rivolto agli alleati “affinché venga rispettata e mantenuta la sovranità e l’integrità dell’Ucraina. Questo è un messaggio che facciamo presente anche a chi di dovere”, ovviamente riferendosi alla Russia.
Il segretario di stato Usa John Kerry si mostra più tranquillo dei vertici Nato ed è convinto che “la Russia rispetterà la sovranità del popolo ucraino. È fondamentale che Putin mantenga fede alla parola data”.

Renato Paone

Renato Paone

Nato a Carpi (Mo) il 16 luglio 1986, si è laureato in Scienze Storico–Religiose presso La Sapienza di Roma. Nel 2007 ha iniziato a collaborare con il quotidiano “Il Corriere Laziale” ottenendo, al termine del biennio, il tesserino da pubblicista. Ha proseguito la sua attività giornalistica scrivendo su alcune riviste on line, interessandosi prevalentemente di politica estera, Medio Oriente, Asia e Africa, e pubblicando il suo primo libro, “Jihad e Stampa Cattolica”, nel settembre del 2013.