TRIESTE – Resta ancora nell’ombra l’identità di Unabomber, l’imprendibile attentatore che piazzò trappole esplosive fra Veneto e Friuli Venezia Giulia tra il 1994 e il 2006. A nulla ha portato la nuova perizia sul caso disposta più di due anni e mezzo fa dal gip di Trieste per cercare la prova inconfutabile del coinvolgimento di Elvo Zornitta – l’ingegnere oggi sessantasettenne tra principali indagati – o di uno degli altri dieci indagati.
Il documento tecnico, firmato dall’ex comandante dei Ris di Parma in pensione Giampietro Lago e dall’antropologa molecolare forense Elena Pilli, è di circa duemila pagine e sarà consegnato alle parti nei prossimi giorni in vista dell’udienza di incidente probatorio fissata per il prossimo 20 ottobre. Al suo interno i periti spiegano come hanno comparato vecchi e nuovi reperti degli ordigni, ripescati dagli archivi del tribunale, con il Dna delle undici persone che all’epoca erano state inserite come sospetti nell’insieme di possibili Unabomber.
Gli inquirenti speravano nelle nuove tecniche di biologia forense ma la ricerca di una corrispondenza nei profili genetici degli indagati ha dato esito negativo. Nelle analisi sono stati considerati anche i profili di altre 39 persone addette ai lavori (come investigatori e tecnici), che avrebbero potuto contaminare i reperti.
Dopo il deposito e il confronto in aula sui dati riportati nel documento, la parola passerà alla Procura. Unabomber resterà dunque un mistero e il fascicolo destinato all’ennesima archiviazione. L’inchiesta bis era partita grazie a due delle vittime del dinamitardo, Francesca Girardi, che all’epoca aveva 9 anni e che perse la mano destra e l’uso di un occhio per aver raccolto un evidenziatore esplosivo sul greto del Piave, e Greta Momesso, che a sei anni restò mutilata della mano sinistra per lo scoppio di un cero elettrico. Entrambe, insieme al giornalista Marco Maisano avevano dato impulso alle indagini.