Uomini e cinghiali, la convivenza fuori controllo

Roma, 19 marzo 2022, via Basilio Puoti, periferia nord a ridosso della Riserva naturale dell’Insugherata: due femmine di cinghiale, distese placidamente sull’asfalto, allattano i propri cuccioli. La scena viene filmata da alcuni testimoni e in poco tempo fa il giro dei social, riaccendendo il dibattito sulla presenza ingombrante dei cinghiali a Roma. Si ripropone in forme quasi grottesche una polemica che ha coinvolto la precedente amministrazione comunale, infiammando l’ultima campagna elettorale, e che coinvolge ora anche la giunta Gualtieri. 

Perché ci sono troppi cinghiali in Italia

Gli ultimi dati dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale segnalano un raddoppio del numero degli esemplari in 10 anni: dai 500 mila nel 2010 a 1 milione nel 2020. La grande diffusione del cinghiale sul territorio italiano è dovuta alle massicce azioni di ripopolamento a scopo venatorio avvenute in passato. 

Il cinghiale italico è di piccola dimensione e si riproduce con la media di due cuccioli una volta l’anno. Gli esemplari introdotti dai cacciatori, invece, provengono per lo più dall’Europa dell’Est, hanno dimensioni più grandi e soprattutto possono partorire dalle due alle tre volte l’anno con una media di 10 capi a cucciolata. 

“È evidente – sottolinea Maurizio Gubbiotti, alla guida dell’Ente regionale Roma Natura – che in una situazione come questa la riproduzione del cinghiale è andata velocemente fuori controllo”. Per questo motivo dal 2015 è vietata l’immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate. 

Che ci fanno i cinghiali a Roma 

Come spiega Bruno Cignini, zoologo, docente presso il dipartimento di biologia di Tor Vergata  ed ex membro del Dipartimento Tutela ambientale del Campidoglio, è impossibile sapere con esattezza quanti cinghiali popolano la Capitale. “Ci sarà qualche migliaio di esemplari sparso nelle riserve. Roma ha ben 22 parchi, alcuni molto grandi che si infilano dentro la città. Un esempio è il Parco Regionale di Veio che confluisce nella Riserva naturale dell’Insugherata, proprio vicino al punto in cui c’è stato l’ultimo avvistamento”. Inoltre, sono animali in costante movimento e tendono a spostarsi da una regione all’altra proprio grazie ai tanti corridoi ecologici che circondano Roma.

Tuttavia, questo non basta per spiegare la presenza del cinghiale nelle zone urbane. “L’unico motivo per cui un animale selvatico esce dal proprio habitat è per la ricerca del cibo”, dice Gubbiotti. E Roma è ricca di cibo per i cinghiali: sono i rifiuti ad attirare la loro attenzione. 

È un problema che non riguarda solo la Capitale, ma interessa anche altre città, come Genova, Trieste, Firenze, Isernia e Bari. Da una ricerca dell’Ispra e dell’università La Sapienza di Roma, emerge come in Italia oltre 90 centri urbani siano frequentati dai cinghiali più o meno regolarmente. E la situazione sembra essere peggiorata con la pandemia. Mesi di lockdown hanno lasciato città e campagne libere dalla presenza dell’uomo, incoraggiando la  circolazione dei cinghiali sul territorio. Nel 2021 Coldiretti ha registrato un aumento del 15% , con una stima di circa 2,3 milioni di esemplari in Italia.

I tentativi di risolvere l’emergenza

Nel 2019 il Comune di Roma, la Regione Lazio e la Città metropolitana hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per la gestione del cinghiale. Ma qualcosa non ha funzionato. In sostanza, secondo quanto previsto dall’accordo, il Comune avrebbe dovuto ripulire la città dai rifiuti e la Regione, attraverso Roma Natura, si sarebbe dovuta occupare della cattura dei cinghiali in esubero e il loro conferimento alle industrie di trasformazione delle carni. 

“Il progetto – spiega Cignini – non è mai realmente decollato, sia perché Roma Natura si è scontrata con le associazioni animaliste, sia perché il Comune non ha mai fatto quanto promesso. Tutto si è trasformato in un rimpallo di responsabilità”. A complicare la situazione, il recente decreto-legge per il contenimento della peste suina che obbliga la macellazione dell’animale entro i 5 giorni dalla cattura. Tempistiche che, secondo Roma Natura, non è possibile rispettare per motivi logistici legati al trasporto delle bestie. 

Le recinzioni dei parchi 

Un dialogo complicato quello tra Comune e Regione, che trova ostacoli su un altro tema: le recinzioni intorno ai parchi. “Manca la manutenzione, per questo i cinghiali riescono ad oltrepassare i confini dei parchi e a entrare in città” accusa  Massimo Vitturi, responsabile dell’area animali selvatici dell’associazione ambientalista Lav. “Rifiuti e recinzioni sono compiti del Comune – sottolinea il presidente di Roma Natura – mentre tutto quello che succede nei parchi è di nostra responsabilità”. 

Il Campidoglio ribatte di star lavorando per mappare tutti i varchi e i corridoi che i cinghiali utilizzano per accedere alla città. “Ci attiveremo per le recinzioni – assicura l’assessore all’Ambiente, Sabrina Alfonsi – la stessa cosa dovrebbe fare e siamo certi farà Roma Natura per le recinzioni di competenza, in fin dei conti i cinghiali escono dai parchi regionali”. Ma secondo l’esperto di zoologia Cignini, riparare le recinzioni non risolverà il problema: “Alcuni parchi occupano migliaia di ettari, non è possibile recintarli tutti”.

La via della sterilizzazione

Per contenere l’invasione nella città, le associazioni ambientaliste chiedono lo stop degli abbattimenti in favore di piani meno cruenti. “Abbiamo istituito un fondo di 500mila euro per l’introduzione in Italia del vaccino immuno contraccettivo GonaCon – dichiara la deputata Michela Brambilla, fondatrice di Lega italiana difesa animali e ambiente  si tratta di un vaccino americano, oggetto di numerosi progetti per il controllo della fertilità della fauna selvatica. È già stato sperimentato con successo sui cinghiali”. 

Tuttavia un’intesa con gli enti territoriali non è mai stata raggiunta, da una parte per i costi elevati, dall’altra perché, come spiega Gubbiotti, “l’associazione non è riuscita a garantire una serie di procedure obbligatorie legate al fatto che il cinghiale è patrimonio indisponibile dello Stato, quindi posto sotto tutela”. 

Nel frattempo gli ungulati continuano a circolare liberamente in città. Nei primi giorni di aprile dovrebbe essere convocato un tavolo tecnico per modificare il vecchio Protocollo e renderlo funzionale, anche alla luce della situazione sanitaria relativa alla peste suina. “Stiamo cercando di essere più operativi – assicura l’assessore Alfonsi – attualmente il Comune sta mettendo in campo azioni importanti per la pulizia della città, a prescindere dalla presenza dei cinghiali”.