HomeCultura Venezia stuprata dai turisti. La polemica di Philippe Starck: “pensare ad alternative”

"Turisti stuprano Venezia"
Polemica di Philippe Starck
"Pensare ad alternative"

Il designer francese contro la cultura

usa e getta del turismo di passaggio

di Salvatore Tropea23 Febbraio 2018
23 Febbraio 2018

Venezia è diventata una “prostituta del turismo”. Ad affermarlo, non senza suscitare molte polemiche, il designer francese Philippe Starck, intervistato dall’Ansa durante l’inaugurazione in piazza San Marco del suo ultimo restauro allo storico Gran Caffè Quadri.

“Ho un debito con Venezia e lo voglio ripagare” ha affermato Starck, che però ha poi aggiunto senza mezzi termini di odiare i turisti perché “il turismo è stupido ed è una forma di prostituzione”. Il designer ha toccato il tema del possibile numero chiuso di turisti da far entrare nella Laguna: “Non è etico e non è la soluzione giusta – ha detto – chi decide chi viene e chi no? E poi diventerebbe un luogo solo per ricchi”.

Philippe Starck fu l’art director che quindici anni fa ideò il marchio con il simbolo del leone alato che il comune di Venezia adottò come marchio e ora vorrebbe rilanciare l’idea di una nuova “mission” per la città. Delle soluzioni alternative, dunque, che siano rispettose del passato ma con una marcia decisa verso il futuro. Partendo dalla sua vocazione antica di luogo oltre i confini, “Venezia deve tornare ad essere il centro d’Europa”. Per questo motivo Starck si è scagliato contro le grandi navi che passano da Venezia che “sono una cosa stupida e non dovrebbero esserci perché non portano soldi”.

Secondo il designer il cambiamento di Venezia deve passare da un’economia votata quasi esclusivamente al turismo comune e banale, ad un futuro tecnologico e di proiezione alla progettualità culturale. “Per farla diventare il cervello d’Europa – ha precisato – credo che serva avere più testa, più intelligenza e parlando con molte persone sento che questo mutamento sta già arrivando”. Un cambiamento, quindi, che vada contro la logica della “prostituzione e mercificazione” della cultura.

Un tema diventato col tempo sempre più all’ordine del giorno, come ha sottolineato lo speciale di 7 del Corriere della Sera di giovedì scorso, dove Venezia è stata definita un “un temporary shop per temporary citizens”. Basti pensare, infatti, alle stanze in affitto che popolano ogni angolo della città. I soli Airbnb sono seimila, in rapporto a Roma che ne ha venticinquemila, quindi il quadruplo, ma con un territorio cento volte più grande.

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