Sale a 69 morti, 200 feriti e 63 dispersi il bilancio dell’assalto dei jihadisti somali di Al-Shabaad al Westgate Mall, il centro commerciale di Nairobi frequentato da ricchi kenioti e turisti. L’azione terroristica cominciata sabato è ancora in atto, nonostante l’assalto della polizia e dell’esercito locale, impegnati nella liberazione degli ostaggi, il cui numero è ancora imprecisato. Ma il portavoce del movimento somalo, Ali Mohamud  Rage, via twitter incoraggia gli aggressori: “Autorizziamo i mujaheddin che si trovano all’interno del complesso a intraprendere azioni contro i prigionieri, nel momento in cui si trovassero sotto pressione”. La minaccia arriva dopo la dichiarazione dell’Esercito di voler arrivare “a una conclusione rapida” della crisi e la notizia di un quarto d’ora di raffiche di armi da fuoco, seguite da tre esplosioni, risuonate dal Westgate Mall prima dell’alba.

L’attentato al Westgate Mall. Sabato mattina un comando del gruppo Al-Shabaab somalo irrompe nel centro commerciale di lusso di Nairobi, frequentato da ricchi e turisti. Imbottiti di esplosivo, armi in mano, secondo i racconti dei primi testimoni tratti in salvo, i jihadisti hanno da subito cominciato a spargere morte e terrore. “Appena hanno visto la guardia della sicurezza non hanno perso tempo, gli hanno sparato in fronte e poi immediatamente hanno sparato a bianchi, donne, vecchi, bambini”. Nel mirino anche madre e figlia francesi, inseguite dopo essere state colpite dai proiettili, mentre sanguinanti tentavano di nascondersi. Uccisi, tra i 69, anche il nipote del presidente keniota, Kenyatta, con la ragazza, l’ex ambasciatore ghanese, Kofi Awoonor e un medico peruviano dell’Unicef.  Ma anche cittadini britannici, americani, somali. L’attacco è non solo al Kenya, dunque, ma di portata internazionale, pensato da una ‘cellula internazionale’. Tra i 10-15 terroristi che hanno preso di mira il centro commerciale, infatti, ci sono almeno tre americani, cui si aggiungono secondo i servizi segreti un finlandese, un britannico, arabi, somali e altri tre americani. Tutti allenati in Somalia, sono affiliati del gruppo Al-Shabaab, legato ad Al Qaeda, da cui ricevono armi, seguaci e finanziamenti. Pronti a farsi saltare in aria, via twitter pubblicano foto della strage e degli uccisi e rispondono picche alla polizia che inizialmente cerca di trattare: “Non ci sarà negoziato di nessun tipo, dovete solo pagare.” Con l’aiuto di americani e israeliani, le forze dell’ordine hanno studiato, grazie ai filmati delle telecamere del centro, i movimenti del gruppo nel Westgate, fino all’assalto, dove è aperta la caccia a terroristi e ostaggi. Dopo aver liberato, “la maggior parte” degli ostaggi, il capo della Polioìzia Generale, David Mwole Kimaiyo, con un tweet ha fatto sapere che durante la notte sono state “soccorsi e tratti in salvo altri ostaggi”.  Stamattina, dopo le esplosioni sentite prima dell’alba, lo scontro tra le forze dell’ordine e i jihadisti, continua. Secondo quanto riferisce Kimaiyo, in questo momento i kenioti stanno “avanzando da ogni lato”, per stringere gli aggressori.

Perché i “ragazzi” mirano al Kenya. Gli shabaab racchiudono nel nome la loro storia: “giovani” sottratti alle famiglie, indottrinati nelle medrasse e addestrati dai mujaheddin. Ancora via twitter, spiegano che “l’attacco al Westgate è una frazione molto piccola di quello che i musulmani in Somalia hanno sperimentato per mano degli invasori kenioti”. “A lungo abbiamo condotto la guerra contro i kenioti sulla nostra terra, ora è tempo di portare la guerra nella loro terra”. Il Paese africano, ai loro occhi, è colpevole di aver invaso con l’esercito la Somalia, in risposta ai rapimenti e agli attentati effettuati dagli stessi shabaab in Kenya e dintorni.

Anna Serafini