BRUXELLES – Il paziente torna dal medico per la visita di controllo. Dopo dodici mesi di “terapia”, è di nuovo Mario Draghi a valutare la salute dell’Ue. L’ex presidente della Bce, dopo un anno dalla presentazione del suo rapporto sulla competitività dell’Unione, rimprovera “l’inazione” degli stati membri. “L’Europa si trova in una situazione più difficile – ha detto Draghi durante la conferenza di alto livello che ha visto protagonista anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen – Il nostro modello di crescita sta svanendo”.
Draghi: “I cittadini sono delusi dalla lentezza dell’Europa”
La diagnosi del “dottor Draghi” non fa sconti: “Le vulnerabilità dell’Ue stanno aumentando”. A mancare, in realtà è anche “un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”. Il monito dell’ex premier italiano prosegue con l’accusa di inerzia: “L’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”. E poi l’affondo che punta al cuore del problema: “I cittadini sono delusi dalla lentezza dell’Ue. Ci vedono incapaci di tenere il passo con la velocità del cambiamento altrove. Sono pronti ad agire, ma temono che i governi non abbiano compreso la gravità del momento”, ha aggiunto Draghi.
Cosa prevede il piano Draghi
Nel 2023 l’incarico da parte di von der Leyen per la stesura di un rapporto sul futuro della competitività europea, poi presentato nel settembre 2024. Ora la verifica sullo stato di avanzamento di quelle riforme che nel suo piano Draghi aveva indicato come “vitali” per rilanciare industrie, imprese e produttività del mercato unico. Un anno fa, l’ex presidente Bce aveva anche formulato una stima sull’importo necessario ad attuare il piano: “La cifra stimata è pari a 800 miliardi annui, il 4% del PIL: una percentuale doppia del piano Marshall. Questa cifra dovrebbe essere coperta da nuovi prestiti europei seguendo l’esempio del Next Generation EU”.

Draghi: “Basta compiacimento. Dare risultati nel giro di mesi, non anni”
Per Draghi il “malato Europa” si trova “in una situazione più difficile rispetto a un anno fa” e il debito pubblico dell’Ue “è destinato a crescere di 10 punti percentuali nel prossimo decennio, raggiungendo il 93% del Pil”. “Troppo spesso si trovano scuse per questa lentezza” e “questo è compiacimento”, ha sottolineato l’ex presidente Bce, esortando a una “nuova velocità” e a risultati “nel giro di mesi, non di anni”.
Auto, Draghi: “Target Ue ormai non valgono più”
Ad aggravare il quadro anche un’ulteriore constatazione: “In alcuni settori, come quello automobilistico, gli obiettivi posti dall’Ue si basano su presupposti che non sono più validi”, ha detto uno sconsolato Draghi, che poi ha aggiunto: “La scadenza del 2035 per le emissioni zero allo scarico era stata concepita per innescare un circolo virtuoso – ha sottolineato l’ex premier italiano – obiettivi chiari avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l’innovazione e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che batterie, microchip si sviluppassero parallelamente. Ma ciò non è avvenuto”.
Dazi, Draghi: “Raggiunto un accordo commerciale alle condizioni americane”
Nel commentare lo stato sulla competitività europea, Draghi ha anche detto la sua in merito all’intesa Ue-Usa sui dazi: “Abbiamo dovuto accettare un accordo commerciale in gran parte alle condizioni americane”. E questo perché – a detta dell’ex presidente Bce – l’Europa ha “una capacità di risposta limitata dalle sue dipendenze”, soprattutto da quella sulla “difesa”.
Draghi: “Valutare debito comune tra alleanze di Paesi Ue”
Dopo un anno dalla presentazione della “terapia”, il medico ha un nuovo suggerimento di “cura”: “È necessario considerare un debito comune per progetti comuni – sia a livello Ue, sia tra una coalizione di Stati membri – per amplificare i benefici del coordinamento”. Per Draghi “l’emissione congiunta non amplierebbe magicamente lo spazio fiscale, ma permetterebbe all’Europa di finanziare progetti più grandi in settori che aumentano la produttività – innovazioni, tecnologie su larga scala, ricerca e sviluppo per la difesa o energia – dove la spesa nazionale non è più sufficiente”.
Von der Leyen: “La routine non basta più, l’Ue deve agire”
Aprendo la conferenza sul primo anno del report Draghi, von der Leyen si era detta “assolutamente convinta che l’Europa possa unirsi attorno a questo programma”. Con un alert: “Il ‘business as usual’, l’ordinaria amministrazione, non funziona più – aveva detto la presidente della commissione Ue – I cittadini europei si aspettano che la nostra democrazia decida, agisca e dia risultati”.
Difesa, Von der Leyen: “L’Ue si faccia carico della sua sicurezza”
“C’è un altro settore vitale in cui non possiamo più permetterci di dipendere eccessivamente dagli altri: la difesa – aveva aggiunto von der Leyen, evidenziando il successo dello strumento Safe, da 150 miliardi di euro, per gli appalti congiunti per la difesa – Un’Europa della difesa più indipendente non si realizzerà dall’oggi al domani, ci vorranno anni per essere all’altezza del compito. Ma è assolutamente chiaro che l’Europa deve ora farsi carico della parte del leone della propria sicurezza”.