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“Quasi 5mila persone sono finite in prigione per un errore dello Stato”

di Clara Lacorte09 Ottobre 2025
09 Ottobre 2025

Massimiliano Notarangelo, presidente dell’UNDiViM (Unione nazionale per la difesa delle vittime di malagiustizia)

Il Presidente dell’UNDiViM, Massimiliano Notarangelo, lancia un duro attacco allo Stato per il mancato sostegno alle vittime di malagiustizia. Le cifre sono allarmanti: da un report aggiornato a febbraio 2025, quasi 5.000 persone sono state ingiustamente imprigionate dal 2018.

Notarangelo, qual è la stima degli errori giudiziari e delle ingiuste detenzioni in Italia?

“Non esistono numeri definitivi e ufficiali. Un report del febbraio 2025 dell’Unione Camere Penali riporta come, dal 2018 al febbraio 2025, quasi 5mila persone sono finite in prigione per errore. Quanto un intero piccolo Comune”.

Qual è la causa più ricorrente che genera l’errore? Esiste una causa in aumento?

“L’errore spesso si genera in fase di indagini preliminari, nella parte condotta dal pubblico ministero. L’errore del pm può essere dovuto ai più disparati motivi, compresa l’unidirezionalità delle indagini, frutto anche dell’innamoramento verso una tesi perseguita con insistenza, considerata da difendere anche pubblicamente, specie quando i media si interessano al caso e fanno del pm un simbolo. È vero che esiste un Gip che dovrebbe controllare l’attività dei procuratori, ma spesso si limita a prendere atto di ciò che il magistrato stesso fa emergere. Per questo proponiamo che il pm diventi un avvocato dello Stato, posto al di fuori della magistratura, con uffici esterni al palazzo di giustizia e sottoposto a turnover triennale”.

Quali sono le principali criticità che le persone innocenti incontrano nel processo per ottenere la riparazione economica?

“Alla fine di un processo si giunge esausti e spesso ci si rifiuta di affrontare nuovi giudizi, peraltro zeppi di complessità burocratiche e nuovi costi da sostenere. Dovrebbe esserci un automatismo: sei assolto, oppure la tua posizione è stata archiviata o il processo è durato oltremisura? Lo Stato ti liquida subito, avendo come parametro somme adeguate alla vita concreta e ai disagi subiti. Poi controlliamo perché è accaduto, non è così”.

Una volta rilasciate, quali sono le difficoltà concrete che la vittima affronta? Quale supporto fornite?

“Al termine di una carcerazione ingiusta, non di rado applicata come misura cautelare, quindi prima che inizi il processo, l’innocente perde la bussola e la fiducia nella giustizia. Il primo supporto che diamo è il colloquio con uno dei nostri volontari, gratuitamente. Poi, quando serve, indirizziamo il soggetto verso avvocati e psicologi esterni che collaborano con noi. Ma dovrebbe essere lo Stato a farsi carico di tutto ciò. E non lo fa”.

C’è sufficiente formazione per i magistrati e le forze dell’ordine sui bias cognitivi e sui limiti dell’affidabilità delle prove?

“È giusto che i cittadini sappiano che gli appartenenti alle forze di polizia sono in genere molto preparati, però le indagini le dirige il pm, non loro. Il grado di conoscenza e sensibilità dei procuratori sui limiti degli strumenti probatori non mi è noto, ma la nostra esperienza ci induce a supporre che bisogna investire maggiormente nella loro formazione e anche potenziare gli uffici, perché alcuni sono sovraccarichi e anche il più preparato ed equilibrato dei magistrati può avere difficoltà”.

Una riforma efficace della giustizia di cosa dovrebbe tenere conto?

“La politica dovrebbe ascoltare anche noi, che rappresentiamo le vittime del malfunzionamento del sistema. Invece, a parte singoli parlamentari che ci consultano, ufficialmente il ministero della Giustizia non ci ha ancora convocato. Il primo intervento è la creazione di un’Autorità esterna, veramente indipendente, per evitare che i magistrati continuino a giudicarsi fra loro in caso di denuncia di un cittadino. Il modello potrebbe essere quello delle giurie popolari di Corte d’Assise, affiancate da giudici sorteggiati di volta in volta fra quelli operanti al di fuori del distretto di appartenenza dei giudicati”.

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