MILANO – La fonte principale nell’indagine sui “cecchini del weekend” sostiene che l’allora servizio segreto italiano per le informazioni e la sicurezza militare avrebbe “scoperto” quanto stava accadendo e sarebbe riuscito a bloccare questi viaggi turistici dell’orrore. Secondo l’ex agente, “le comunicazioni tra le intelligence bosniaca e italiana erano frequenti” e presso “gli archivi bosniaci si trova l’incartamento, ma è stato tutto secretato e non è disponibile”. Sulla controversa vicenda è pronta a testimoniare anche la ex sindaca di Sarajevo Benjamina Karic.
L’indagine della Procura di Milano
A quanto pare il turismo di guerra non è una novità del ventunesimo secolo. La Procura di Milano il 10 novembre ha aperto un’indagine sui cosiddetti “cecchini del weekend”. Persone, tra cui alcuni italiani, che negli anni 90 hanno pagato per andare a sparare sui civili a Sarajevo, durante l’assedio dei serbo-bosniaci. L’accusa dei pm milanesi è di omicidio volontario plurimo aggravato da motivi abietti e crudeltà. Nell’ambito dell’inchiesta, sono stati raccolti anche gli atti del Tribunale penale internazionale dell’Aia per l’ex Jugoslavia, in particolare quelli che hanno riguardato i crimini di guerra e contro l’umanità compiuti durante il sanguinoso assedio di Sarajevo tra il 1992 e il 1996.
Il documento inviato dallo scrittore Ezio Gavazzeni alla Procura di Milano
“Ciò che ho appreso, da una fonte in Bosnia-Erzegovina, è che l’intelligence bosniaca a fine ’93 ha avvertito la locale sede del Sismi della presenza di almeno 5 italiani, che si trovavano sulle colline intorno alla città, accompagnati per sparare ai civili”. Questa la dichiarazione in testa alle 17 pagine del documento inviato alla Procura dallo scrittore Ezio Gavazzeni, assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini.
La testimonianza chiave di un ex 007 bosniaco
A supporto della sua tesi, Gavazzeni ha portato uno scambio di mail del 2024 in cui l’ex 007 bosniaco scrive: “Ho appreso del fenomeno alla fine del 1993 dai documenti del servizio di sicurezza militare bosniaco sull’interrogatorio di un volontario serbo catturato. Ha testimoniato che 5 stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia Erzegovina (almeno tre di loro erano italiani)”. Una situazione di cui il Sismi, ora Aise, sarebbe stato al corrente dato il sospetto dell’intelligence bosniaca “che gruppi turistici di cecchini/cacciatori stavano partendo da Trieste”.
Almeno tre italiani tra i turisti dell’orrore
Tra i turisti dell’orrore ci sarebbero stati “un uomo di Milano, uno di Torino e uno di Trieste”, il primo “proprietario di una clinica privata specializzata in interventi di tipo estetico”. Per ora agli atti ci sono solo i documenti depositati dall’autore dell’esposto e nelle prossime settimane il pm, con delega al Ros dei carabinieri, dovrà effettuare verifiche, ascoltando semmai i testi indicati.
L’ipotetico tariffario della caccia all’uomo: “I bambini costavano di più”
Tra le carte del processo anche un ipotetico tariffario della caccia all’uomo: “i bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis”. Fondamentale, secondo Gavazzeni, anche il documentario “Sarajevo Safari” del 2022 di cui fornirà le credenziali per la visione ai magistrati. Nel filmato c’è un testimone “anonimo” e “alcune fonti che parlano di americani, canadesi e russi, ma anche di italiani, disposti a pagare per giocare alla guerra”.
Nel 2007 la prima testimonianza sul caso
Un caso inquietante di cui si era già sentito parlare nel 2007 da un ex vigile del fuoco statunitense, volontario nella Sarajevo del massacro. Interrogato durante il processo al comandante dell’esercito serbo-bosniaco Ratko Mladic aveva dichiarato: “Non mi sembravano persone del posto, il loro modo di vestire e le armi mi hanno fatto pensare che fossero tiratori turistici”.


