Il progetto Nba Europe sta per concretizzarsi. La lega del basket americano vuole esportare il proprio modello di business anche nel Vecchio Continente, perché ritiene che ci sia del potenziale economico inespresso. Marco Bellinazzo, esperto di sport finance e giornalista del Sole24ore, ha parlato con Lumsanews dei complessi aspetti finanziari dell’ambizioso progetto cestistico.
Bellinazzo, si parla di capitali di investimento iniziali che vanno dai 500 milioni al miliardo di dollari, sono cifre plausibili?
“Queste cifre lasciano un po’ il tempo che trovano, non so quanto siano attendibili. Le somme sono plausibili o meno a seconda del progetto industriale che in questo momento nessuno conosce. È vero quello che i manager dell’Nba pensano. Per loro il basket europeo ha un potenziale inespresso e l’Eurolega è riuscita a intercettare la passione dei tifosi, ma pecca dal punto di vista economico. È un torneo che perde molti soldi ogni anno e che necessita di immissioni di capitali da parte delle proprietà delle squadre. Detto questo, corrispondere un valore di entrata e di acquisto di queste franchigie di mezzo miliardo mi sembra un po’ tanto, però bisognerebbe avere più informazioni sul piano industriale, sui ricavi attesi per capire quanto sia giustificato questo valore”.
Quindi l’Nba Europe potrebbe portare a un modello finanziario più sostenibile per il basket del Vecchio Continente?
“Sì, l’Eurolega si regge su emissioni di capitali delle proprietà, non a caso l’Nba per questo progetto punta su quelle platee di tifosi legate a storiche piazze calcistiche. È evidente però che l’Eurolega non è riuscita, in questi anni, a intercettare quello che è il valore economico che si può riconoscere nel basket europeo, certamente non paragonabile all’Nba. Parliamo di un valore che, al momento, corrisponde ai ricavi dei diritti tv, da botteghino e del merchandising legati al movimento cestistico di alto livello, eccetto le sponsorizzazioni, ma quelle sono finte emissioni di capitale, le fanno indirettamente le proprietà”.
Il commissioner dell’Nba Adam Silver ha parlato di Milano e Roma come città centrali nel progetto. Si è parlato di Milan e Inter e non della squadra di basket dell’Emporio Armani. Secondo lei è possibile che il progetto escluda una realtà cestistica già presente e avviata in favore di proprietà calcistiche con maggiori disponibilità?
“L’idea base è quella di andare a intercettare un pubblico maggiore nelle città dove non c’è una grande tradizione cestistica, come Londra, ad esempio. Nel caso specifico di Milano, sicuramente sono stati fatti degli approcci con le proprietà di Inter e Milan, che attualmente sono in mano agli americani. Ma lasciare da parte una realtà come l’Olimpia mi sembra problematico. Quanto meno si potrebbe immaginare una qualche forma di investimento nel post Armani da parte dei due club di calcio milanesi. E’ vero che si punta su nuove franchise, nuove fan base, ma la tradizione del basket europeo è qualcosa da cui non si può prescindere”.
Con l’impostazione annunciata dall’Nba, rischiano di esserci delle grandi escluse come il Partizan Belgrado e la Stella Rossa. Quali sono i motivi secondo lei?
“Non si è parlato di questi club per motivi legati all’ordine pubblico più complesso da gestire. O comunque, pur avendo grandissime tradizioni cestistiche, non sono espressione di un mercato che l’Nba considera sufficientemente ricco. Questo porta a costruire, evidentemente, un format che non è del tutto sovrapponibile all’Eurolega in questo senso”.
A Roma manca una società e le infrastrutture per ospitare le partite, secondo lei è possibile che entro il 2027 si arrivi ad avere una franchigia funzionante nella Capitale?
“Su questo ho seri dubbi. Non è chiarissimo a quale punto siano le interlocuzioni che sono state fatte nei mesi scorsi. Considerando il combinato disposto di quello che è il modello di business dell’Nba, con la competitività sportiva che queste squadre dovranno avere mi sembra un termine, nel caso specifico di Roma, troppo vicino. Credo che dipenderà molto anche dal tipo di risposta che daranno alcune squadre che attualmente fanno parte dell’Eurolega. Per quanto ci sia valore inespresso, fatico a vedere dei margini di ricavi sufficientemente ampi per una coesistenza tra l’Nba Europe e l’Eurolega. Già l’Eurolega fa fatica per quanto possa essere stimolato il mercato. E’ un mercato che non è quello americano, già di per sé ricco, e non è un mercato già di per sé globale come invece lo è quello Nba. D’altro canto, quello che sarebbe interessante è capire anche che tipo di interazione ci saranno tra l’Nba americana e quella europea. Diciamo che su tanti aspetti bisogna aspettare che questo piano diventi più concreto”.


