ROMA – Sono passati vent’anni da quando il 25 settembre 2005 il diciottenne Federico Aldrovandi è stato trovato senza vita a Ferrara, deceduto dopo un fermo della Polizia con i polsi ancora ammanettati. In via Ippodromo a tenere fermo il corpo, ormai già senza vita, c’erano quattro agenti di polizia. La loro colpevolezza arriverà soltanto quattro anni dopo a seguito di una lunga battaglia giudiziaria portata avanti dalla famiglia del giovane.
L’insabbiamento poi il processo
Quando era uscito di casa Federico doveva trascorrere una serata con gli amici per un concerto a Bologna. È nel viaggio di rientro che la situazione precipita quando all’alba la Polizia viene allertata per un ragazzo che urla. Passa un’ora quando a essere chiamati sono i paramedici che alle sei raggiungono il parcheggio dove il corpo del ragazzo era già riverso a terra, ammanettato e probabilmente già morto. Cosa è successo nell’ultima ora in vita del ragazzo verrà più volte ricostruito negli anni. A partire dalla prima versione ufficiale della Polizia che attribuirà il decesso del ragazzo a un malore per alcool e droga. Una ricostruzione in seguito smentita anche da un testimone del posto che racconterà di “aver visto quattro di loro su di lui che lo picchiavano”. Dopo quattro anni arriverà la sentenza nel 2009 e la condanna dei quattro poliziotti a tre anni e sei mesi per omicidio colposo.
I genitori di Federico all’anniversario
A oggi sono ancora i genitori che portano avanti il ricordo del delitto del figlio. Una giustizia seppur tardiva per loro è arrivata, ma nel sistema presente “non vedo purtroppo un cambiamento, anzi le cose stanno peggiorando”. A dichiararlo è la mamma di Federico, Patrizia Moretti raggiunta a margine dell’incontro a Ferrara per il ventennale anniversario dell’omicidio del figlio. Parole di giustizia, ma anche timore per un sistema che in Italia “è sempre più duro”. Una rabbia accesa che anche il papà di Federico, Lino Aldrovandi condivide con la stampa. “Vent’anni da quello che non sarebbe dovuto accadere”, dichiara.
