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Alla Camera si blocca
la proposta pro legalizzazione

Cannabis: speranze in fumo
Alla Camera si blocca
la proposta pro legalizzazione

di Valerio Del Conte06 Dicembre 2016
06 Dicembre 2016

e Simone Alliva

La legge per la legalizzazione della cannabis è in bilico. Sul disegno di legge volto a legalizzare la cannabis incertezza e confusione regnano sovrane. Il testo, approdato in aula lo scorso luglio per la discussione generale con rinvio delle votazioni a settembre, non proseguirà l’esame in assemblea ma riprenderà l’iter in Commissione. Resta un record: per la prima volta nella storia del nostro Paese un disegno di legge sulla cannabis è entrato in discussione alla Camera dei deputati.

Proposta di legge in materia di legalizzazione, della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati

Proposta di legge in materia di legalizzazione, della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati

La legge proposta da PD, M5S, Sinistra Italiana, Forza Italia, Possibile e Scelta Civica si pone l’obiettivo di garantire il controllo da parte dello Stato sulla cannabis: il possesso per uso ricreativo si concretizza nella possibilità, da parte dei maggiorenni, di detenere quindici grammi nella propria abitazione e cinque grammi fuori. Anche la coltivazione fino a cinque piante sarebbe permessa, ma vigerebbe il divieto di venderne il raccolto. La vendita, infatti, sarebbe concessa solo previa autorizzazione e in negozi specifici forniti di licenza dei Monopoli. Le modalità di dispensazione della cannabis per uso terapeutico sarebbero poi rese più agevoli.  Resterebbero le sanzioni per chi spaccia, per chi fuma in luoghi pubblici e per chi guida in stato di alterazione. Il 5% degli introiti verrebbero poi versati nel Fondo nazionale per la lotta alla droga. Infine, nascerebbero i Cannabis Social Club: fino a 50 membri potrebbero coltivare in forma associata. Quest’ultimo è uno dei punti più controversi. Per Fabrizio Cicchitto di Ncd, ad esempio, il disegno di legge si allarga al riconoscimento di una rete di produzione e distribuzione fino a 50 soggetti che francamente non è condivisibile perché suscettibile di molteplici e inquietanti sbocchi”. La proposta di legge potrebbe tuttavia non riuscire a tornare nell’aula di Montecitorio, dovendosi districare per lo stretto sentiero delle guerre intestine dentro e tra i partiti. “Le contraddizioni sono tutte interne al PD tra chi si oppone e chi no. La legge giace in commissione giustizia ed è oggetto di un’estenuante melina che è destinata a protrarsi  dopo il referendum”, ha confermato a LumsaNews Daniele Farina, relatore del disegno di legge e deputato di Sinistra Italiana. Che fine farà allora il decreto legge Giachetti? “Si accenna l’idea di fare un testo esclusivamente sulla cannabis terapeutica. Anche se in realtà le regioni hanno già introdotto dei provvedimenti che riguardano l’erogazione di medicinali a base di cannabis. Ben venga una legge nazionale, ma è davvero poco rispetto al punto di partenza”.

A Montecitorio è stata anche depositata una proposta di iniziativa popolare promossa dai Radicali Italiani e dall’Associazione Luca Coscioni per la Libertà della Ricerca Scientifica, che hanno presentato 57.000 firme. Prevede l’autocoltivazione fino a dieci piante, che si riducono a cinque in assenza di una dichiarazione. Il mercato libero auspicato da questa iniziativa non sarebbe sotto il monopolio statale, come invece è previsto dal disegno di legge dell’intergruppo, e il numero di membri concessi per i Cannabis Social Club salirebbe a 100. Verrebbero poi depenalizzato l’utilizzo personale delle altre droghe, seguendo la linea adottata dal Portogallo con successo dal punto di vista sanitario. Alexandre Rossi, militante dei radicali italiani, uno dei tantissimi promotori di questa campagna, racconta a LumsaNews: “La depenalizzazione ha effetto retroattivo, come la legalizzazione. Quindi potremo liberare le carceri di tante persone che dentro non ci dovrebbero stare, perché il tossicodipendente è una persona malata, non dovrebbe stare insieme allo spacciatore”, spiega Rossi. I tempi sono maturi e a far leva sarebbe anche la crisi economica: “Quei cinque/otto miliardi di euro l’anno alle casse dello Stato ci servono come ossigeno. Quindi se ne devono render conto, c’è questa questione economica, c’è una questione sanitaria, c’è una questione sociale, c’è una questione giuridica”. Nonostante ciò, alcuni si oppongono alla legge, non ritenendola una priorità. “Non è consentendo ai cittadini di drogarsi che si dimenticheranno della realtà – ha affermato il capogruppo della Lega Nord del Senato Gian Marco Centinaio – La povertà è dilagante, manca il lavoro, le imprese chiudono, ma i parlamentari della maggioranza pensano solo a come drogarsi in modo legale”.

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Dati alla mano, la politica proibizionista Giovanardi – Fini non ha dato gli effetti sperati. L’uso della marijuana in Italia è una realtà di cui bisogna prendere atto.  Un’analisi comparata con gli altri paesi europei aiuta a comprendere la portata del fenomeno. Secondo l’Osservatorio europeo sulle tossicodipendenze (Oedt), l’Italia è tra i paesi europei che fa più uso di cannabis, al terzo posto dopo Spagna e Danimarca. I fumatori, inclusi quelli occasionali, sono il 21,7% e gli studenti tra i 15 e i 16 che fanno uso di cannabis sono circa il 16%. Secondo la relazione del 2015 al Parlamento del Dipartimento sulle politiche antidroga, invece, il 32% degli italiani tra i 15 e i 64 anni ha consumato cannabis almeno una volta nella vita. Si legge poi che la prevalenza “ è pari quasi al 40% se si considera la fascia d’età 15-34 anni, coinvolgendo oltre 5 milioni di sperimentatori tra i giovani”. La portata del fenomeno sta portando gli italiani ad una maggiore apertura sul tema. “Negli ultimi vent’anni i favorevoli alla legalizzazione della cannabis sono raddoppiati – ha dichiarato il sondaggista di Ixè Roberto Weber – passando dal 20 al 42 per cento”.

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L’uso terapeutico della cannabis

La realtà della cannabis in Italia non è solo lo spaccio illegale tra le vie delle città. In modalità ben definite e per scopi specifici, esiste anche una realtà legale della cannabis nel Paese. L’uso terapeutico è previsto dal 2007, ma la burocrazia e i costi elevati per l’importazione dei farmaci hanno reso molto complicata la possibilità di accedervi. Nel 2013 però, un decreto legge ha consentito ai medici di base di prescrivere i medicinali a base di cannabinoidi e ben undici regioni hanno reso più agevole la situazione, addossando i costi ai servizi sanitari regionali per il trattamento di alcune patologie. Le regioni che si sono espresse al riguardo sono Puglia, Veneto, Liguria, Marche, Abruzzo, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Basilicata, Emilia-Romagna, Sicilia e Toscana. Proprio in quest’ultima regione, approfittando delle aperture a livello regionale, è stata avviata la prima coltivazione italiana della marijuana per uso sanitario affidata dai ministeri della Difesa e della Salute allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Lo scopo è quello di ridurre i costi centralizzando la produzione a livello nazionale. Numerose ricerche scientifiche attestano l’efficacia dei farmaci a base di cannabinoidi nel trattamento soprattutto del dolore cronico e degli spasmi derivanti da patologie del sistema nervoso.

 

Non solo fumo, un esperimento a Roma

Un’altra realtà che aiuta a inquadrare la situazione della marijuana nel nostro Paese sono gli Hemp Bar, o Canapa Bar. Sul territorio nazionale sono già presenti a Bologna, Napoli, Milano e Roma. Quello della capitale, il Canapa Café, è stato inaugurato due mesi fa e si trova nella zona di San Lorenzo, vicino all’Università La Sapienza. Si tratta di un locale che vende cibi, bevande, tisane, e cosmetici a base di cannabis. Le diverse pietanze sono disponibili dalla mattina fino all’ora di cena. Tutti i cibi proposti sono comunque caratterizzati da bassi livelli di THC in linea con quelli previsti dalla legge e non provocano quindi alcun effetto psicotropo. A differenza degli hemp bar delle altre città, il locale capitalino è provvisto di una Therapy room, una piccola stanza in cui si può consumare canapa, ma solo a scopo terapeutico. L’accesso al locale è permesso solamente tramite tesseramento.

Il Canapa Bar è stato fondato da Carlo Monaco, che soffre di anoressia nervosa, e Luigi Mantuano, affetto da attacchi di panico. Tutti i farmaci tradizionali non avevano portato loro alcun beneficio, ma anzi, causavano una forte nausea. Un medico spagnolo consigliò loro di cominciare una terapia a base di cannabis, da quel momento la situazione migliorò consistentemente. Il locale, di circa 100 metri quadri, sta però causando ai due imprenditori alcuni problemi. Innanzi tutto il costo della cannabis legale, acquistabile tramite ricetta medica in farmacia o nelle Asl, si aggira intorno ai 21 e i 24 euro al grammo. L’ingente spesa ha spinto i due proprietari a formare un gruppo d’acquisto per comprare la cannabis. Un altro problema non da poco per Carlo e Luigi è il rischio di farsi quattro anni di galera e pagare una multa che può arrivare fino a 30mila euro. La cannabis può infatti essere acquistata per uso terapeutico in numerose regioni d’Italia, ma non la si può vendere né utilizzare il locali pubblici o aperti al pubblico.

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