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HomeEconomia Conti pubblici, deficit vicino al 3% nel 2025. Ma per Bruxelles “non è sufficiente”

Deficit vicino al 3% nel 2025
ma per l'Ue non è sufficiente
per uscire da infrazione

I dati Confindustri sulla crescita

Pesa la caduta dell'export

di Iris Venuto02 Ottobre 2025
02 Ottobre 2025

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti | Foto Ansa

ROMA – Tra le pagine del Documento programmatico di finanza pubblica, atteso sul tavolo del Consiglio dei ministri, si potrebbe aprire un nuovo spiraglio di luce per i conti pubblici. Le previsioni economiche e finanziarie esposte nel testo permettono anche di riportare il deficit alla fatidica soglia del 3%. Ma nonostante le speranze per l’Italia di uscire in anticipo dal braccio correttivo dell’Ue, raggiungere il traguardo non basta per liberare il Paese dalla procedura d’infrazione per disavanzo.

La soglia del 3% non è sufficiente

Per rispettare il patto di stabilità e garantire quindi l’equilibrio monetario dell’area euro, l’Italia si era infatti impegnata a non superare l’1,3% della crescita della spesa netta nel 2025 e l’1,6% nel 2026. Un obiettivo fondamentale per permettere al Paese di sottrarsi da ulteriori vincoli di bilancio e emanciparsi dallo stigma di inefficienza che ne mina la credibilità.
Secondo il regolamento europeo il deficit deve essere sotto il 3% del Pil. Tuttavia, ha spiegato un alto funzionario europeo, “sul buon andamento dell’economia di Stato la Commissione farà una valutazione, ma qualsiasi decisione sulla base dei dati per il 2025 sarà presa nella primavera del 2026, quando i dati saranno definitivi”, ha aggiunto.

Una crescita anemica per Confindustria

Intanto il Centro studi di Confindustria, presentando le previsioni economiche di autunno, avverte che comunque “la crescita in Italia resterà bassa”. Secondo le stime infatti l’aumento del Pil quest’anno potrebbe seguire un andamento positivo dello 0,5%, inferiore di 0,1 punti a quanto previsto nello scenario di aprile. Un po’ meglio nel 2026, che prevede una lieve crescita dello 0,7%, rispetto al +1% stimato a aprile, tornando sui ritmi del 2024. Una battuta d’arresto, su cui incide, secondo gli esperti, il difficile contesto globale ed europeo che penalizza il Paese causando la caduta delle esportazioni. Una “crescita anemica”, definita da Confindustria che sottolinea la necessità di “muovere l’Italia, intervenendo con le leve più efficaci a disposizione, anche sbloccando la ricchezza finanziaria dal parcheggio in depositi bancari improduttivi”. Dopo i risultati positivi del Pnrr, per gli economisti di viale dell’Astronomia serve anche lavorare su “una manovra di bilancio che sapientemente prosegua sulla strada dello stimolo agli investimenti produttivi – e agli – investimenti necessari per rilanciare la crescita del Paese”.

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