L’Italia ha scoperto il calcio criminale

I rapporti con la criminalità organizzata e i signori della droga, i legami con la destra eversiva, le intimidazioni e i ricatti nei confronti delle società. Sono i tratti ricorrenti delle curve italiane. Guidate da capi che le gestiscono come piccole grandi aziende: la leadership porta soldi, ottenuti attraverso bagarinaggio e merchandising. Una situazione che accomuna tutte le capitali del calcio nostrano: Torino, Roma e Milano. Una questione ancora irrisolta.

L’ultimo striscione

A Torino il 16 settembre la Digos ha concluso “Last banner”, indagine che ha portato all’arresto dei leader della Curva della Juventus e dei loro colonnelli e a 38 Daspo. Pretendevano i biglietti per le partite, che poi vendevano con sovrapprezzi che raggiungevano anche il duemila per cento. Un business milionario: per questo quando la società non ha più ceduto alle richieste, si è passati alle minacce. In manette è finito il capo indiscusso degli ultras bianconeri, Dino Mocciola: estremista di destra, controllava i “Drughi” nonostante la sorveglianza speciale. Con lui Umberto Toia, capo di “Tradizione”, e Christian Fasoli dei “Viking”. Dopo i loro arresti, la Curva è rimasta senza striscioni: la Questura ha ritirato le autorizzazioni per esporre allo Stadium i loro stendardi.

Mancavano già da più di un anno i “Bravi ragazzi”, dopo l’arresto di Andrea Puntuorno: agrigentino, finito in manette per traffico di droga, aveva svelato alle telecamere di Report il modo in cui venivano gestiti i biglietti concessi dalla società. Il suo nome è finito anche in un’altra indagine sul tifo juventino, “Alto Piemonte”, con cui la Procura di Torino ha svelato l’influenza della ‘Ndrangheta: chi voleva fondare un gruppo, per entrare nel business di biglietti e merchandising, era costretto ad andare in Calabria. Era necessario il “placet” di Rocco Saverio Dominello, uno dei reggenti del potente clan Pesce-Bellocco di Rosarno.

Solo una persona poteva svelare i rapporti tra ultras, ‘ndrine e Juventus: Raffaele Bucci, esponente dei “Drughi”, bagarino, dipendente della Juventus, ma anche informatore di Digos e servizi. Dopo essere stato sentito dai magistrati, è stato trovato morto: “Solo lui avrebbe potuto permettere ai magistrati di fare chiarezza su questi rapporti pericolosi”, spiega a LumsaNews Federico Ruffo, giornalista che per Report si è occupato del malaffare nella curva bianconera. “Bucci avrebbe potuto dire molto. Proprio per questo era un pericolo per chi non voleva che certe situazioni venissero a galla”.

Duce e cocaina

A Roma la morte del leader degli “Irriducibili” della Lazio Fabrizio “Diabolik” Piscitelli ha riportato a galla la questione. Ucciso in un’esecuzione dallo stile mafioso, era indagato dalla Dda capitolina per un imponente traffico di stupefacenti. I legami del capo ultras biancoceleste con la camorra erano emersi fin dalla metà dagli anni ’90. Strettissimo il rapporto con il clan di Michele Senese, uno dei “quattro re di Roma”, egemone nella zona Est della Capitale. Ma anche con la “batteria di Ponte Milvio”, il cui ruolo emerge nelle indagini sul “Mondo di mezzo” di Massimo Carminati: un gruppo di albanesi e camorristi che controlla ancora oggi la movida di Roma Nord.

Piscitelli era un leader riconosciuto anche fuori dal Grande Raccordo Anulare: ad omaggiarlo al funerale e negli stadi i gruppi ultras di mezza Italia. “Se fosse morto un appartenente al clan dei Casalesi e una curva gli avesse dedicato uno striscione, l’opinione pubblica sarebbe insorta”, ci dice Massimiliano Coccia, giornalista di Radio Radicale. “Ma se si fa per Diabolik, che pure con la camorra aveva solidi rapporti, passa tutto in cavalleria”. Vista l’inazione della politica, Coccia e il collega Nello Trocchia hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica Mattarella: “Solo lui può smuovere le cose”.

Il gruppo di Diabolik diventa un punto di riferimento nella curva a partire dagli anni ’90: durante la gestione di Sergio Cragnotti si arricchisce con magliette, sciarpe e cappellini della Lazio venduti fuori dallo stadio. Con l’arrivo di Claudio Lotito l’aria cambia. Il neopresidente non tollera le ingerenze della curva nel merchandising, mandando Diablo e il direttivo della Nord su tutte le furie. Tant’è che porteranno avanti una campagna intimidatoria per far vendere il club a una cordata di investitori con a capo l’ex bomber biancoceleste Giorgio Chinaglia.

Piscitelli e i suoi sono gli autori anche della radicalizzazione politica del tifo laziale. Il neofascismo diventa l’ideologia degli ultras della Nord, ma soprattutto il collante con i gruppi rivali, quelli giallorossi. Se fino agli anni ’90 la tifoseria della Roma guardava a sinistra, con la fine dei “Cucs” è netta la virata verso la destra estremista. A cambiare le cose è “Opposta Fazione”, gruppo di cui faceva parte Fabio Gaudenzi, detto Rommel, amico e compagno di malaffare di Piscitelli. “Ho portato io la politica allo stadio”, affermava in un’intercettazione del 2012. Da allora la curva giallorossa è diventata terreno di conquista per tutti i partiti di estrema destra dal Movimento Politico Occidentale, gruppo naziskin sciolto con la legge Scelba nel 1993, a CasaPound e Forza Nuova.

Madunina in subbuglio

Una scazzottata in curva diversa dalle altre. San Siro, 14 settembre: mentre è in corso Inter-Udinese due storici capi ultras nerazzurri si prendono a schiaffi e pugni. Evento insolito per chi di solito manda avanti i gregari, rissa che segna un cambio di stagione. O meglio, un ritorno al passato. Ad avere la peggio è Franco Caravita, da anni leader dei “Boys San”. L’aggressore è invece Vittorio Boiocchi, nome più che noto tra la criminalità meneghina: finito in un’inchiesta insieme a esponenti di clan di Cosa nostra, ha appena finito di scontare 30 anni di carcere per narcotraffico e rapina. È stato uno degli ispiratori della “svolta” politica della Curva Nord, colonizzata da Lealtà Azione prima e CasaPound poi.

“Le curve di tutta Italia sono dei veri e propri serbatoi per tutti i movimenti neofascisti”, sottolinea a LumsaNews Paolo Berizzi, giornalista di Repubblica e autore di Nazitalia. “Negli stadi, i camerati hanno trovato dei luoghi in cui fare proselitismo e trovare militanti tra i più giovani. E sono diventati così un vaso comunicante con i loro partiti”.

Infiltrazioni anche nella curva del Milan. Capo indiscusso è Luca Lucci, il tifoso che nel dicembre 2018 venne fotografato insieme all’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini alla festa degli ultras rossoneri. Lucci è considerato dai pm milanesi “persona potenzialmente capace di piazzare grossi carichi di stupefacenti tra i frequentatori dello stadio grazie al ruolo carismatico di leader della curva Sud e alla collaborazione con soggetti di elevato spessore criminale”. Più volte arrestato per narcotraffico, ha subito lo scorso maggio un sequestro di beni di oltre un milione di euro. Frutto dei suoi affari sporchi, secondo gli inquirenti.