Soli e dimenticati, il Covid colpisce i giovani migranti

Mohamed, 16 anni, ha provato ad attraversare il confine tra Bosnia e Croazia per quindici volte. Dall’Egitto il viaggio per mare da solo fino all’hot spot di Samos, in Grecia, nel 2018, e poi a piedi lungo la rotta dei Balcani fino a Roma, dove è arrivato nei centri di accoglienza nell’agosto 2020, in piena pandemia. Shakil è partito giovanissimo dal Bangladesh senza la sua famiglia, poi lo sfruttamento in Libia e i soldi ai trafficanti per un posto sul barcone verso Lampedusa. Anche lui è arrivato nella Capitale nel settembre scorso e subito è stato ricoverato in ospedale perché positivo al Covid-19. Sono solo due delle migliaia di storie di ragazzi emigrati da soli verso l’Italia nell’anno dell’emergenza sanitaria globale, i cui diritti di minori vulnerabili sono stati violati anche a causa del virus. Per questi adolescenti l’Italia è la porta per un futuro lontano da guerre e carestie, anche se sempre più spesso sono spinti a partire, o venduti, dalle loro stesse famiglie.

Secondo il monitoraggio del dicembre 2020, pubblicato dal Ministero del Lavoro, il numero dei minori stranieri non accompagnati in Italia è aumentato del 16,9% nell’ultimo anno. Una curva di arrivi che ha seguito l’andamento dei flussi migratori degli adulti, con la contrazione della mobilità tra marzo e aprile 2020, dovuta alle restrizioni per arginare il virus, e poi la ripresa in estate con il collasso economico dei Paesi di partenza.

Mohamed e Shakil fanno parte dei 259 minori stranieri soli presenti nelle strutture di accoglienza del territorio di Roma Capitale, secondo l’ultimo report del 31 gennaio 2021, e dei 7.080 censiti in tutta Italia a fine 2020. I ragazzi che fermano la loro corsa a Roma sono per il 93% maschi, il 70% di loro è prossimo ai 18 anni, e provengono per due terzi da Egitto, Albania e Tunisia.

Nessun minore può essere respinto alle frontiere italiane o trattenuto in mare, e quando questo accade le autorità violano la Legge 47 del 2017, come spiega a Lumsanews Angela Rinaldi, membro del Centre for Child Protection della Pontificia Università Gregoriana. Il decreto che prende il nome della deputata del Pd che ne fu prima firmataria, Sandra Zampa, prevede che “in nessun caso” si possa disporre “il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati”. Per effetto della stessa norma sono riconosciute tutela e protezione a tutti i minorenni non comunitari che si trovano “nel territorio dello Stato” privi di “rappresentanza”.

I numeri di questi mesi sono minimi, però, in confronto ai 18.303 minori non accompagnati censiti nel 2017, prima dell’entrata in vigore del Memorandum d’Intesa sui migranti Italia-Libia, che ha ridotto le partenze dal nord Africa. “Gli arrivi sono drasticamente diminuiti, per gli strascichi dei decreti Minniti e la pandemia”. Lo evidenzia Silvia Alesi, portavoce di CivicoZero, cooperativa sociale che dal 2011 si occupa dell’accoglienza e dell’integrazione dei Msna (minori stranieri non accompagnati), con un centro diurno nel quartiere di San Lorenzo. I ragazzi che arrivano a Roma vivono nei centri di accoglienza per minori, 44 sul territorio metropolitano a gennaio 2021, e grazie ad associazioni e Onlus, come CivicoZero e Caritas, trovano assistenza legale e psicologica.

Anche perché chi arriva ha quasi sempre 17 anni e pochissimo tempo per mettersi in regola con i documenti e trovare un lavoro che garantisca il permesso di restare in Italia anche al compimento della maggiore età. C’è una fretta insita nel processo di migrazione dei minori che si scontra con le scadenze irrevocabili della legge.

L’inizio dei problemi è arrivato, come racconta Alesi, con la chiusura di alberghi, bar e ristoranti, dove i minori avevano trovato lavoro. Poi il lockdown, chiusi nei centri, con l’acuirsi di tutti i danni psicologici e i traumi subiti durante la migrazione. “Chi è stato vittima di quel genere di violenze fisiche non ha più il contatto con la realtà – sottolinea Clelia Marano, assistente sociale -. Molti soffrono di deliri e disturbi psichiatrici”.

La didattica a distanza ha poi allontanato ancora di più gli adolescenti dai percorsi di istruzione e integrazione. “La difficoltà più grande spesso è quella di far capire a questi ragazzi che per poter lavorare occorre prima studiare” dice Paola Moreschini, avvocato minorile e tutrice legale di Msna. Con la legge “Zampa”, infatti, ogni minore che entra in Italia senza famiglia deve essere affidato ad un tutore volontario, che lo aiuti ad ottenere i documenti prima di raggiungere la maggiore età. Secondo i dati, sarebbero 376 i tutori volontari iscritti agli elenchi del Tribunale dei minori di Roma. La pandemia però, continua Moreschini, ha decimato la disponibilità di queste persone che si sono trovate sole a fronteggiare pratiche burocratiche senza avere competenze specifiche. Si allungano le procedure di assistenza, si allontana il miraggio della cittadinanza, diventa sempre più reale il pericolo di cadere nell’invisibilità dei clandestini.

Erminia Rizzi, giudice onorario del Tribunale di Bari e socia dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione, spiega quali sono state le violazioni ai diritti maggiormente registrate in questi mesi. “A Roma uno dei problemi è il trattenimento dei minori nei centri di permanenza per il rimpatrio destinati agli adulti”. Per non parlare poi dei ragazzi che arrivano in città senza essere stati registrati dalle autorità alle frontiere, senza che la procura ne venga informata.

Ma quale futuro si prospetta per Mohamed, Shakil e tutti i ragazzi come loro? “La fortuna di chi arriva in Italia è quella di trovare una società civile radicata” aggiunge Rinaldi. Ma secondo Marano “andrebbe rivisto il sistema di accoglienza, perché mancano tutori e mediatori culturali”. Maria Franca Posa, responsabile Area minori Caritas, sostiene che “se si vogliono sviluppare percorsi davvero inclusivi per ragazzi che arrivano, occorre che per prima cosa sia loro garantito il diritto all’istruzione”.