"La legge non tutela affattochi diventa maggiorenneLa clandestinità a un passo"

La ricercatrice Angela Rinaldi "I minori hanno un progetto di vita"

Angela Rinaldi, Phd in Scienze sociali alla Pontificia Università Gregoriana e membro del Centre for Child Protection (PUG). Ci ha aiutato a capire meglio il fenomeno migratorio.

Chi sono i minori stranieri non accompagnati?

“Con questa definizione si fa riferimento ai minori che arrivano in Italia, o in Europa, senza qualcuno che eserciti per loro la responsabilità giuridica. I ragazzi partono soli per lo più dai Paesi del centro e del nord Africa, ma anche dell’Afghanistan, dal Bangladesh, dal Pakistan. Si tratta di un fenomeno non recente, che dura ormai da quando l’Italia è divenuta Paese di immigrazione. Sono aumentate però le cause degli spostamenti, i numeri, le modalità, i luoghi di provenienza dei minori”.

Quali sono le motivazioni che oggi spingono i minori a mettersi in viaggio?

“In tanti partono perché non hanno soldi, le famiglie mandano i figli da amici che già vivono in Italia, con il rischio che vengano sfruttati a livello economico. Ci sono quelli che hanno problemi politici, quelli che scappano per discriminazioni. Un elemento da considerare per capire le migrazioni contemporanee dei minori è il progetto, l’idea di futuro da costruire in Paesi che offrano possibilità e sicurezza. Negli ultimi vent’anni, in Italia, si è vista una crescita dell’attenzione al fenomeno con la Legge “Zampa”. In Italia si è capito che su questi minori va posta una cura particolare, e la consapevolezza è molto maggiore che nel resto d’Europa. La particolarità della legislazione italiana è che questi ragazzi vengono trattati come minori italiani in stato di abbandono, a cui manca solo la cittadinanza”.

Angela Rinaldi è membro del Centre for Child Protection PUG

Cosa succede quando viene identificato un minore?

“In Italia quando accade questo si apre per il migrante una via preferenziale, che i maggiorenni non hanno. Nel nostro Paese, a differenza di altri, è scritto nero su bianco che nessun minore può essere respinto o espulso, mentre negli altri Stati accade, anche se in teoria la legge europea lo vieterebbe. Dopo l’identificazione avviene il collocamento nei centri di accoglienza per minori, poi la nomina del tutore. Chi arriva qui da piccolo ha più tempo di iniziare un percorso di studi, di essere inserito in tirocini formativi che gli permettano di lavorare e di ottenere, con l’aiuto del tutore, il permesso per restare oltre i diciotto anni. Chi arriva a diciassette anni è meno fortunato. Per lui il primo banco di prova è già nell’identificazione dell’età effettiva, e qui si apre il discorso degli sfruttamenti. Ci sono minori che dicono di essere maggiorenni per poter restare fuori dal percorso di protezione: magari lo sfruttatore gli ha procurato un documento falso e gli ha detto di mentire per lavorare in strada”.

Qual è il momento più critico per un minore in Italia?

“Un buco importante nella Legge 47 sui minori è quello che che riguarda i ragazzi tra i diciotto e i ventuno anni. Di fatto un ragazzo che compie diciotto anni, se non lavora e non studia, caso abbastanza frequente in tempo di pandemia, non ha la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno e di fatto diventa clandestino. La norma c’è ma il nostro è comunque un modo emergenziale di risolvere il problema, ciò che viene predisposto non viene pensato in termini di lungo periodo. La fortuna italiana è avere una società civile così radicata”.