Decreto Crescita, il calcio piomba nell’incertezza

I benefici previsti fin dal 2019 per il calcio e lo sport dal Decreto Crescita non sono mai stati così a rischio. Le prime indiscrezioni sulla Manovra di bilancio del governo Meloni avevano infatti fatto ipotizzare una sostanziale modifica o addirittura l’abolizione delle misure che in questi anni hanno consentito l’arrivo in Italia di fuoriclasse come Cristiano Ronaldo. Sarebbero venuti meno i vantaggi fiscali garantiti dalla norma, che consente alle società italiane di ingaggiare i calciatori provenienti dall’estero con i redditi pesati solo al 50% in termini fiscali. Inizialmente, il governo aveva pensato di introdurre a partire dal prossimo anno un tetto ai redditi pari a 600mila euro, che di fatto avrebbe escluso i calciatori professionisti. Solo in seguito è stato precisato che  “le disposizioni precedenti rimangono invariate per i ricercatori e professori universitari e i lavoratori dello sport”.

Le ricadute economiche in caso di abolizione del Decreto

E se non fosse stata inserita questa eccezione? L’esperto di economia e ideatore della rubrica Diritto e Sport (ItaliaOggi), Michele Damiani, spiega a Lumsanews che “le società di calcio italiane sarebbero andate incontro a ulteriori difficoltà”. “Già la situazione a livello economico non è florida – sottolinea – eliminare lo sconto fiscale per chi viene dall’estero l’avrebbe solo peggiorata”.

Oggi per beneficiare delle agevolazioni, vengono richiesti tre parametri: essere stati residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia; rimanere in Italia per due anni a seguito del trasferimento di residenza; svolgere l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Secondo il Report Calcio 2022, il movimento italiano, nonostante il Decreto, presenta evidenti criticità sulla “sostenibilità economico-finanziaria”, con relativo “squilibrio strutturale” risalente già ai tempi prima della pandemia. Consultando il Football Strategy tool di PwC, tra la stagione 2012-2013 e la stagione 2021-2022 il rosso aggregato dell’intero calcio professionistico ha raggiunto la cifra monstre di circa 5,5 miliardi di euro. Sulla cifra totale, per il 60% hanno pesato i bilanci delle sette principali squadre italiane: Milan, Inter, Juventus, Roma, Lazio, Fiorentina e Napoli, sulle quali i costi per il personale hanno impattato per oltre il 70% dei ricavi.

La rivoluzione nel calciomercato 

I riflessi maggiori dell’abolizione del Decreto Crescita si avrebbero nelle sessioni di calciomercato. La norma, infatti, ha spinto le squadre a puntare su parametri zero e prestiti approfittando degli sconti sugli stipendi. Senza agevolazioni, verrebbero meno questo tipo di operazioni. 

Marco Iaria, giornalista della Gazzetta dello Sport e curatore della rubrica Sport&Business, spiega a Lumsanews che con lo stop al Decreto i club italiani “sarebbero portati a investire di più sui prodotti interni, rivitalizzando il mercato nazionale, calato dall’adozione della misura, e valorizzando i talenti locali”. In questi anni, secondo Iaria, un problema è stato proprio “creare un effetto distorsivo nel mercato domestico, con operazioni non proprio utili dal punto di vista tecnico ed economico”.

Il lato oscuro del Decreto: meno investimenti nei vivai, più stranieri in Serie A

Il presidente di Aic, Umberto Calcagno, ha criticato fortemente il Decreto “perché, se confermato, porterà a un ulteriore aumento degli stranieri nei nostri campionati e a deprimere ancora di più i vivai”. 

A partire dalla stagione 2020-2021, durante la  quale si sono cominciati a vedere i primi effetti della norma, c’è stato infatti un aumento considerevole dei calciatori stranieri in Serie A: dal 55,3% iniziale c’è stata solo una piccola flessione dello 0,2% l’anno successivo, per poi passare al 57% nella stagione 2022-2023, fino al 63,3% di quella in corso. Quest’anno, in particolare, il numero di stranieri in percentuale nelle rose di Milan, Inter, Napoli e Juventus è impressionante.

Fonte Transfermarkt

“Il minutaggio degli stranieri in Serie A è oltre il 70% – spiega Calcagno – credo sia una grande ingiustizia che calciatori provenienti dall’estero paghino la metà dell’Irpef rispetto agli italiani, ma anche agli stranieri presenti in Italia prima dell’attuazione del Decreto”. “Questa norma fiscale – conclude il presidente di Aic – di fatto vanifica tutti i nostri sforzi sulla filiera dei vivai”.

Stop al Decreto: Milan e Inter perderebbero quasi dieci milioni

La squadra più penalizzata dall’abolizione del Decreto sarebbe il Milan, che per la prima volta dal 2006 ha registrato un utile di 6 milioni, ma che dall’arrivo della presidenza Cardinale ha puntato sulla linea  esterofila, sacrificando la presenza di italiani in rosa.    I rossoneri perderebbero le agevolazioni per Loftus-Cheek (4 milioni di euro netti all’anno), per il quale sarebbe valsa la riduzione fiscale già da questa stagione essendo arrivato a giugno, e dall’anno prossimo per Reijnders (1,7), Pulisic (4), Okafor (2), Musah (2) e Chukwueze (4). Nel complesso, la società potrebbe rimetterci circa nove milioni di euro dal 2024, quattro da quest’anno. All’Inter non andrebbe molto meglio, con quattro calciatori beneficiari degli sconti: Marcus Thuram (6 milioni netti) già da quest’anno, Benjamin Pavard (5), Yann Sommer (2,5) e Yann Bisseck. Una perdita complessiva, in caso di stop alla misura, che ammonterebbe a più di 7 milioni di euro.                                                   

Ma c’è un altro punto non ancora chiaro: con l’abolizione del Decreto, come verrebbero trattati questi casi pregressi? Iaria avverte che “diversi giocatori arrivati in estate, dunque con stipendio alleggerito a partire dal primo gennaio del 2024, avevano un determinato costo nel budget previsionale dei club”. “Se la previsione non venisse rispettata – aggiunge – ci sarebbe quindi un’ulteriore penalizzazione, sempre che non venga applicata una sorta di moratoria”. 

L’incertezza sul futuro

Il Decreto Crescita, nonostante alcuni benefici apportati negli anni, non è comunque sufficiente a colmare il gap col resto d’Europa. Secondo Iaria, infatti, nelle leghe principali “ci sono stipendi inarrivabili e insostenibili per i bilanci delle squadre italiane, anche con l’abbattimento al 50% delle imposte”. Inoltre, bisogna considerare che il calcio italiano ha alcune carenze rispetto ad altri Paesi, tra cui la mancanza di infrastrutture e di investimenti nei vivai. Al momento si può dire che ci sono solo due certezze: il movimento è molto in ritardo e Euro 2032 non è poi così lontano; ma soprattutto il dibattito sul Decreto Crescita nel calcio è destinato a restare in vigore  anche in futuro e lo farà, seppure tra mille dubbi e perplessità.