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Dilemma elettrico, il prezzo da pagare per l’auto del futuro

di Filippo Saggioro11 Dicembre 2025
11 Dicembre 2025
Membri della Croce Rossa congolese trasportano le vittime del conflitto

Membri della Croce Rossa congolese trasportano le vittime del conflitto | Foto Ansa

Dalla corsa spesso insanguinata alla conquista delle terre rare alle resistenze dell’Europa contro la svolta verde. Dal ruolo egemonico della Cina alla scommessa dei nuovi combustibili all’idrogeno. Si fa presto a dire green. Dietro la corsa globale all’auto elettrica si nasconde un equilibrio fragile. Le batterie, per esempio, hanno le loro radici nelle miniere africane, dove il prezzo della transizione ecologica non si misura solo in tonnellate di minerali, ma anche in vite umane. Una transizione che rischia di regalare al Dragone cinese la leadership dell’automotive mondiale. 

Miniere killer

Lualaba, Repubblica democratica del Congo: è il 15 novembre quando almeno 32 lavoratori della miniera di rame e cobalto perdono la vita in un terribile incidente. Il ponte su cui si trovavano non ha retto alle abbondanti piogge ed è crollato. La frana ha colpito i minatori che, secondo funzionari regionali, stavano lavorando nonostante il sito fosse ufficialmente chiuso proprio per il rischio di crolli. Senonché un’agenzia governativa ha fatto sapere che il cedimento è avvenuto per l’assembramento dei minatori sul ponte dopo i colpi sparati dai soldati. 

Le miniere di Lualaba fanno parte della “Copperbelt” africana, la cintura di terra tra le più ricche di minerali al mondo. Qui vengono estratti cobalto, rame, nichel, manganese e uranio. “I grandi blocchi minerari contribuiscono all’alimentazione del conflitto”, spiega Luciano Pollichieni, analista della fondazione Med-Or. “Le miniere permettono la creazione di un’economia di guerra parallela, che garantisce ai gruppi armati il denaro per continuare a combattere”.

La sfida verde dell’Ue e il ruolo della Cina

“L’Unione europea punta alla neutralità climatica entro il 2050 con la sostituzione del vecchio parco macchine con vetture nuove, meglio se elettriche, per arrivare al 2035 con un circolante di sole auto a batteria”, dice Antonio Sileo, direttore del centro di ricerca Green dell’Università Bocconi. 

Le batterie agli ioni di litio sono costituite da minerali e metalli provenienti, in gran parte, proprio dalle miniere africane. Tra queste ci sono proprio quelle del Congo, il maggiore produttore al mondo di cobalto, che costituisce il 10% del catodo di una batteria. Le miniere sono controllate da diversi attori. Ma negli ultimi anni è la Cina a essere diventata la protagonista con l’“accordo del secolo” firmato nel 2008 con il governo congolese. Questo dominio sulle materie prime crea, però, uno squilibrio: l’Europa punta tutto sull’elettrico, ma lo fa dipendendo da filiere controllate da Pechino. E il rischio, spiega Sileo, è che le case automobilistiche europee “si ritrovino sul ring del mercato mondiale con un solo guantone”, mentre la Cina controlla sia le materie prime che la produzione di batterie e veicoli.

Non è tutto green ciò che luccica: l’altra faccia dell’elettrico

Accanto alle questioni economiche emerge anche un problema ambientale e sociale. I siti di estrazione dei minerali causano danni ambientali significativi, come “la deforestazione di ampie zone di foreste”. È ciò che emerge dallo studio del Centro di ricerca tedesco sulla biodiversità, che sottolinea inoltre come le aziende minerarie non siano tenute a rendere pubblici i dati sulle emissioni. Inoltre — sosteneva l’eurodeputata Giulia Moi in un’interrogazione alla Commissione del maggio 2016 — “i minatori, tra cui molti bambini, vivono in condizioni disumane e brutali, spesso estraggono i minerali scavando a mani nude e, a causa della radioattività, sviluppano malattie al sistema linfatico”. 

La situazione attuale nell’Ue e i limiti della rivoluzione elettrica

Il mercato delle auto elettriche in Europa è in crescita. Nel 2025, le immatricolazioni sono cresciute del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Con il Green Deal l’Unione europea si impegna, entro il 2050, a ridurre del 90% le emissioni di gas a effetto serra nei trasporti. Le auto elettriche sono considerate cruciali per raggiungere l’obiettivo. Non solo macchine elettriche. Il piano di Bruxelles considera utili all’obiettivo della neutralità climatica anche le auto ibride plug-in e quelle con carburante alternativo, il Gpl.

Al momento, nei 27 Paesi dell’Unione circolano 22 milioni di veicoli elettrici: il 6.9% del parco macchine totale. Queste auto producono zero emissioni allo scarico offrendo “benefici per la qualità dell’aria nelle città”, si legge in un rapporto dell’International council on clean transportation. Inoltre, “grazie al progresso della rete elettrica – continua l’ente – le auto elettriche emettono fino al 73% in meno di gas serra rispetto a quelle a combustione interna”.

L’Ue punta molto sul ricambio del parco auto per raggiungere gli obiettivi climatici che si è imposta. “Le nuove auto elettriche, però, non stanno rimpiazzando quelle a combustione interna, si stanno semplicemente aggiungendo al totale”, spiega Sileo. “Il limite – prosegue – riguarda il pacco batteria, che incide per oltre metà del costo della vettura. Poiché la batteria ha una durata inferiore a quella di altre componenti, una volta a fine vita il valore residuo del veicolo rischia di azzerarsi”. 

Una nuova possibile frontiera

Mentre l’elettrico continua a dominare il dibattito sulla mobilità del futuro, altre tecnologie stanno emergendo come possibili alternative alla transizione in corso. “Una soluzione interessante potrebbero essere gli elettro carburanti o e-fuel”, ipotizza Sileo, ovvero dei combustibili chimici che nascono dalla combinazione di idrogeno e CO2 catturata nell’atmosfera durante il processo di produzione. Dal prossimo anno questo carburante alimenterà le macchine di Formula 1, con molte aziende che fanno a gara per accaparrarsi la leadership nel settore, prima su tutte la saudita Aramco. 

“Gli unici sottoprodotti di questa tecnologia sono calore e acqua”, spiega Plug Power, società statunitense attiva nello sviluppo delle tecnologie per l’idrogeno. “La nostra azienda – continua il gruppo – guida la produzione e la diffusione delle celle a combustibile, che convertono l’idrogeno direttamente in elettricità, producendo come unico residuo il vapore acqueo. L’idrogeno, inoltre, ha la capacità di “immagazzinare l’elettricità prodotta da altre fonti di energia per poi renderla disponibile nei momenti di maggiore domanda”, spiega la società. 

La transizione energetica è una necessità imposta dai cambiamenti climatici, ma bisogna affrontare la sfida con realismo e rigore scientifico. Raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 puntando solo sulle auto elettriche, così come l’implementazione degli elettrocarburanti, è un obiettivo molto difficile da realizzare. “In questo contesto – conclude il docente della Bocconi Sileo – l’idrogeno rappresenta un’opportunità strategica: è l’unica vera alternativa all’elettrificazione e al dominio cinese del mercato dell’automotive”.

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