Colpo di stato in Egitto. L’esercito depone Morsi e sospende la Costituzione.

Un governo tecnico convocherà nuove elezioni, incerta la sorte dell'ex presidente. Festa e fuochi d'artificio in piazza Ta

Dopo ore di incertezze e di dubbi al Cairo la giornata si conclude con l’annuncio in televisione di Abdul Fatah Khalil Al-Sisi, capo delle forze armate egiziane: il presidente Morsi – che aveva rifiutato di dimettersi – viene destituito, la Costituzione del Paese è sospesa e il capo della Corte Costituzionale si insedierà a capo di un governo tecnico, in attesa di fissare una data per tenere le elezioni presidenziali anticipate. E mentre i carri armati presidiano le aree sensibili della capitale egiziana, in piazza Tahrir centinaia di migliaia di manifestanti continuano i festeggiamenti con urla di gioia e fuochi d’artificio.
Al-Sisi ha tenuto il discorso circondato da vertici militari, leader religiosi e membri dell’opposizione. Ha detto che l’esercito non intende mantenere il potere ma solo servire il popolo e le sue istanze, e ha accusato il presidente Morsi – eletto democraticamente un anno fa dopo la caduta di Mubarak – di non avere offerto una via d’uscita credibile alla crisi politica che si era creata dopo le grandi contestazioni di piazza nei suoi confronti.
A tarda ora, dopo l’annuncio di quello che si può considerare certamente un colpo di stato, non si conosceva ancora la sorte di Mohamed Morsi, c’è chi lo dà agli arresti domiciliari in un luogo segreto, chi invece sostiene che sia stato trasferito e trattenuto in una caserma dell’ esercito. “Trattenuti” anche diversi esponenti dei Fratelli musulmani fra cui il leader del partito Saad el Katatni e il capo della rappresentanza parlamentare Al Bayumi. Chiusa la sede locale di Al Jazira. In un video che circola nelle ultime ore ci sarebbe una dichiarazione di Morsi che invita gli egiziani ” a difendere la legalità” ma senza usare la violenza. “Sono il presidente dell’Egitto democraticamente eletto” avrebbe ribadito.
Preoccupazione per l’evolversi della situazione specialmente da parte degli Usa che finanziano l’esercito egiziano con più di un miliardo e mezzo di dollari l’anno. Lo stesso Barack Obama esprime grande preoccupazione: «Faccio appello alle forze armate egiziane – ha affermato – affinché agiscano rapidamente e responsabilmente per restituire piena autorità ad un governo civile democraticamente eletto, il più presto possibile, attraverso un processo inclusivo e trasparente».
Le ore precedenti all’annuncio di Al-Sisi erano state estremamente movimentate. La notte scorsa c’erano stati incidenti un po’ in tutte le città dell’ Egitto. Si calcolavano una ventina di morti solo al Cairo mentre in piazza Tahrir “occupata” senza sosta da centinaia di migliaia di manifestanti (non mancavano i sostenitori di Morsi e dei Fratelli musulmani), sono stati segnalati invece decine di casi di stupri ai danni di giovani donne che manifestavano in piazza e nelle strade del Cairo.
Del resto lo stesso giornale Al Ahram – controllato dal governo egiziano e molto autorevole – aveva anticipato ieri mattina quale sarebbe stata la conclusione della giornata: “O Morsi si dimette o sarà deposto dall’esercito”. Essam el-Erian, esponente di rango del Partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli Musulmani, movimento islamico di cui il presidente Morsi è espressione, faceva sapere, invece, che “la gente non se ne starà tranquilla di fronte a una ribellione dei militari. La libertà è più preziosa della vita”, aveva detto, evocando uno scenario da guerra civile.
In un primo momento Morsi aveva chiesto all’esercito di ritirare il suo ultimatum riaffermando la sua “legittimità costituzionale” e rifiutando “ogni tentativo di deviare da essa”, aggiungendo – sul suo account Twitter – “non mi lascerò dare ordini, né dall’interno né dall’estero”. Morsi aveva anche ammesso di “aver fatto degli errori”, ma di non avere “altra opzione che l’eseguire le responsabilità che gli sono state democraticamente attribuite: “proteggerò la legittimità, il prezzo è la mia stessa vita”. Il presidente aveva anche posto l’accento sulla questione della corruzione, dicendo che il Paese deve fare i conti con le “sfide ereditate dal vecchio regime” e che “ci vuole tempo per risolverle”.

 Mariangela Cossu