Giorgio Cella, analista di politica internazionale

"La diga di Nova Kakhovkaè simbolo e metro di misuradella storia dell'Ucraina"

Giorgio Cella, analista internazionale "Un fil rouge di sangue e fango"

La storia torna sempre come un fil rouge. Eventi che si ripetono e si ripercuotono negli anni, personaggi e mentalità che ritornano. La storia ha un ruolo chiave nella guerra ucraina. Questo è il leitmotiv di “Storia e geopolitica della crisi ucraina. Dalla Rus’ di Kiev a oggi”, libro di Giorgio Cella, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e analista di politica internazionale. A Lumsanews racconta la storia della diga di Nova Kakhovka, distrutta il 6 giugno 2023.

Cosa rappresenta la diga di Nova Kakhovka?

“In questo conflitto la storia ha un ruolo primario ed è una delle peculiarità di questa guerra. In questo continuo ripetersi di taluni eventi, linee e dinamiche della storia, cioè di azioni di uomini già occorse, rientra anche la più peculiare e singolare questione della diga di Nova Kakhovka. Una diga che è un simbolo e un metro di misura della storia dell’Ucraina in un continuo alternarsi di pace, conflitti e attori che entrano continuamente sul suo territorio durante tutto il Novecento.”

Quando fu costruita?

“A livello storico sappiamo che questa diga fu voluta dai sovietici. Fu innalzata come simbolo del grande progresso tecnologico, bolscevico, comunista e sovietico. Il potere dei soviet secondo Lenin si materializzava anche in queste grandi opere dell’uomo che domavano la natura. Sappiamo che questa diga fu al centro di scontri e ragionamenti meramente strategici e militari. Nel 1941 Stalin, nonostante fossero stati proprio i sovietici a costruirla, non ci pensò due volte a demolirla per fermare l’avanzata dei nazisti.

Gli storici non sanno con certezza quante vittime ci furono, ma anche lì si parla di un massacro in termini di perdite di vita umana, circa 50mila persone uccise. Ovviamente sono anche vittime ucraine, che vivevano in quelle zone e che usufruivano dei vantaggi della diga, insieme anche ad alcuni reparti sovietici che abitavano sul terreno. Quindi anche lì possiamo vedere come la mentalità russa in guerra non guardi in faccia a nessuno. Questa sfacciataggine, questa noncuranza delle ripercussioni sul terreno e sulle popolazioni… Per quello che è successo adesso, molti indicatori sembrerebbero puntare il dito contro la Russia.”

Quindi non è la prima volta che la diga viene distrutta…

“Abbiamo avuto il primo atto nel 1941 per mano del NKVD, la polizia segreta russa, quindi questo dà anche un po’ la misura dell’importanza che ricopriva questa operazione. Nel 1943 ci fu poi una parziale rottura della diga da parte, invece, dei nazisti che ritornavano dopo la sconfitta a Stalingrado.”

Dopo la guerra cosa è successo?

“Nel dopoguerra ci fu quel momento di pace nel quale ci fu la simbolica e operativa unione tra statunitensi e russi sovietici per la ricostruzione della diga. Quindi, una diga che è stata sia simbolo di conflitto e di contrasto, ma anche di progresso, sia nell’intento dei sovietici prima e nella ricostruzione poi per mano di russi e americani. Un alternarsi di momenti e atteggiamenti, ma anche di continuità della sua importanza nella storia.”

E adesso?

“Oggi ritorna, purtroppo, nel suo lato negativo, quello legato alla guerra, con i rimpalli di accuse tra russi e ucraini. È stato simbolico come il rappresentante degli ucraini in sede Onu, Sergiy Kyslytsya, abbia detto al rappresentante russo Vasily Nebenzya che stava ‘annaspando in un fango di bugie’. Una frase simbolica, dopo la distruzione della diga. E abbiamo visto come anche questa volta, come la maggioranza degli studiosi pensa da parte russa, la diga sia stata distrutta senza troppo pensare alle ripercussioni devastanti che vi sono state per la popolazione e soprattutto in termini ambientali.”

Qual è la teoria più accreditata al momento sulla responsabilità della distruzione?

“La buona parte degli studiosi e della comunità degli analisti punta il dito su Mosca. Ricordiamoci anche che la zona di Kherson e la diga stessa erano sotto occupazione russa già da mesi. L’uso dell’Ucraina come oggetto di guerra da parte di Stalin e oggi da parte di Vladimir Putin in una continuità di mentalità veramente cinica in cui a pagare è sempre l’Ucraina e il suo territorio.

Un tentativo di cancellare anche un po’ di storia con un dissesto idrogeologico impressionante in uno Stato che era già da un anno devastato, con minimo rispetto per i diritti umani e la natura. In una situazione in cui l’Ucraina avrebbe dovuto essere conquistata in poche settimane e invece Putin si è ritrovato a dover ripiegare sulla distruzione di un un’importante struttura già strategica, molto probabilmente facendola saltare da più di un anno dalla guerra. Questo anche ci dà la misura della difficoltà in cui Putin si è ritrovato. Insomma vi è un fil rouge, una linea rossa, ovviamente qui di sangue e anche di fango della storia.”

Sofiya Ruda

Sono nata nel '97 a Lviv e vivo a Roma da quando avevo due anni. Laureata in Interpretariato e traduzione e in Lingue e letterature straniere, voglio diventare una giornalista per raccontare cosa succede ogni giorno nel mondo.