Ucraina, un filo rosso di sangue e fango
La distruzione della diga di Kakhovka

È il 6 giugno 2023. Un numero indefinito di morti, migliaia di civili evacuati, decine di villaggi e quartieri sommersi dall’acqua straripante dalla diga di Kakhovka. Il fango ricopre strade, terreni e abitazioni dalle quali emerge solo il tetto. Il disastro è enorme, come le ripercussioni a livello umano e ambientale. Le persone colpite sono almeno 42mila, ma non si ha una certezza sulle stime. Cosa è successo quella notte?

Le evacuazioni sotto le bombe

“Tutto è iniziato il 6 giugno al mattino, quando abbiamo saputo la notizia. Siamo partiti immediatamente”, racconta Vladislav Svitsa, volontario di VOLUNTEERS.UA FOUNDATION. Il suo gruppo è riuscito a far evacuare gli abitanti della riva sinistra del Dnipro, mentre sul lato destro, controllato da Mosca, gli occupanti non hanno permesso a nessuno di andarsene, eccetto a chi aveva un passaporto russo. Tantissime persone sono morte, ma è impossibile stabilire il numero. Nonostante ciò, i volontari erano pronti a evacuare le persone anche da lì. “Ma i militari russi ne hanno approfittato per prendere i telefoni dei residenti per scrivere testi falsi nelle chat room per le evacuazioni”. Secondo le testimonianze dell’organizzazione, i volontari raggiungevano la sponda destra in barca e cadevano in imboscate per poi essere uccisi.

Diga Nova Kakhovka

Residenti cercano di salvarsi dopo la distruzione della diga | Foto Telegram Zelensky

Il disastro ambientale di Kakhovka

I danni causati alla centrale sono incalcolabili. “Una valutazione accurata sarà possibile solamente quando sarà consentito l’accesso all’impianto dopo l’eventuale fine dell’occupazione e una valutazione da parte di esperti”. Lo chiarisce Igor Syrota, CEO di Ukrhydroenerho, l’azienda che controlla dieci centrali distribuite lungo i fiumi Dnipro e Dnister. “Con il crollo dell’impianto, l’industria e il sistema idroelettrico hanno perso circa 1,5-2 miliardi di kWh. Allo stesso tempo – continua l’amministratore delegato –, abbiamo dovuto cambiare la modalità di funzionamento dell’impianto di Dnipro per mantenere il livello dell’acqua più basso, il che limita l’uso della capacità di generazione in vari segmenti del mercato elettrico.”

L’elevato rischio di inquinamento

Mauro Rossi, ricercatore dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, fa notare che l’effetto immediato del crollo della diga è stato il riversamento dei liquidi, con il materiale inquinante che è stato portato verso la foce del delta sul Mar Nero. “Tutta la zona è inquinata e le attività precedenti sono impossibili – ribadisce l’esperto –. Ci sarà, inoltre, un problema nell’approvvigionamento di cibo legato alla coltivazione e all’estrazione di acqua”. Al momento preoccupa lo spostamento di sedimenti: il fondo del bacino è pieno di materiali ricchi di metalli pesanti che potrebbero essere trasportati lungo il Dnipro.

Diga Nova Kakhovka

L’acqua sommerge le abitazioni | Foto Telegram Zelensky

La storia si ripete

Non è la prima volta che la diga crea problemi di questa portata. Già al momento della costruzione della centrale in epoca sovietica, infatti, Velikiy Lug, l’enorme terreno abitato dai cosacchi ucraini nelle pianure a valle del fiume fu interamente sommerso e cancellato dall’acqua. Durante la Seconda Guerra Mondiale, inoltre, “Stalin non ci pensò due volte a demolire la diga per fermare l’avanzata nazista”, racconta Giorgio Cella, autore del libro “Storia e geopolitica della crisi ucraina”.

Ci fu un massacro: circa 50mila persone uccise, tra cui la maggior parte ucraini. “Anche lì, possiamo vedere come la mentalità russa in guerra non guardi in faccia a nessuno. Per quello che è successo adesso – conclude il docente –, molti indicatori sembrerebbero puntare il dito contro la Russia. Vi è un fil rouge di sangue e fango della storia.”

Le teorie sulla responsabilità di Kakhovka

Dopo quasi quattro mesi, non si conosce con certezza cosa sia accaduto quella notte. “Sono tre le teorie principali che ancora oggi sono difficili da verificare”, evidenzia Marco Di Liddo, analista di politica estera del CeSI. “Una, meno plausibile, parla di un attacco ucraino. L’altra consiste in un collasso dovuto ai danni della guerra. Una terza teoria – spiega – è quella di un’esplosione interna provocata dai russi.”

Per Mosca il disastro portava un vantaggio importante, perché costringeva gli ucraini a fermarsi nella controffensiva. L’unica opzione che va verso la responsabilità ucraina è quella dell’utilizzo di un colpo d’artiglieria non controllato, ma non ci sono prove di calore in merito a quel tipo di attacco, sottolinea Di Liddo. “Molto più probabile risulta un’esplosione dall’interno. Anche perché ci sono state le rilevazioni dei sismografi e anche il rumore della conflagrazione.”

Distruzione diga Nova Kakhovka

La distruzione della diga di Nova Kakhovka | Foto Ansa

Una motivazione fragile

Le accuse ufficiali al governo di Kiev provengono da Mosca. I motivi alla base potrebbero essere due: provocare disagio nella parte occupata dai russi oppure creare una false flag. Ma la motivazione sembra fragile, “perché in quel momento non c’era alcun vantaggio militare e nei territori occupati, inoltre, vivevano anche ucraini”. Il danno ecologico sul territorio, infine, fa decisamente più male agli ucraini che ai russi.