HomeInchieste Giovani in cerca di futuro. La piaga del precariato e dei salari bassi

Giovani in cerca di futuro
precari e sottopagati
ancora lasciati indietro

contratti a termine, e lavoro nero

senza poter fare piani di vita

di Alessandra Bucchi30 Settembre 2023
30 Settembre 2023
giovani precariato

Sottopagati, in bilico tra un rinnovo contrattuale e un altro. Spesso in nero e senza la possibilità di fare piani di vita a lungo termine, di chiedere un mutuo o di pensare di avere un bambino. È la condizione dei nuovi precari: almeno un giovane su cinque in Italia non riesce a entrare stabilmente nel mercato del lavoro. 

Le storie dei giovani precari

Silvia (nome di fantasia) ha 29 anni. Dopo un contratto di apprendistato di circa tre anni come commessa in una catena di abbigliamento, si è trovata improvvisamente senza lavoro. “Non possiamo assumerti”, le ha detto il direttore del negozio, che però dopo 30 giorni l’ha richiamata per proporle una sostituzione estiva con contratto a chiamata per tre mesi. “Ho fatto tanti colloqui, ma non ho trovato nessuno che ti sostituisca”, si è sentita dire.

“Il lavoro c’è”, spiega Silvia, “il problema è che preferiscono fare contratti brevi perché alle aziende costa meno. Così però cambiano tanti dipendenti che devono essere continuamente formati”. Silvia convive con il suo compagno Andrea, attualmente disoccupato dopo che l’azienda per la quale lavorava ha terminato i periodi di rinnovo contrattuale senza procedere poi ad assumerlo.

“Non possiamo  neanche  chiedere un  finanziamento per l’auto. Un mutuo per la casa poi è impensabile”, raccontano. I due, ormai da qualche tempo, vorrebbero diventare genitori. Un obiettivo  però ancora lontano. “Ora possiamo pagare l’affitto, forse tra sette-otto mesi non saremo in grado di farlo. Come possiamo crescere un figlio?”. 

Martina, invece, di anni ne ha 27, una laurea in Sociologia e politiche sociali e il sogno di lavorare nelle associazioni antimafia. Il giorno della discussione della sua tesi aveva già le valigie pronte. Si è trasferita dall’Umbria alla Sicilia, dove ha iniziato a collaborare con un’associazione che combatte il crimine organizzato. Dopo un tirocinio e un anno di servizio civile, oggi Martina non ha nessun contratto, ma continua a lavorare sempre per la stessa associazione. “Il mio ultimo stipendio mi è stato consegnato in contanti direttamente dentro una busta”, spiega. 

“Vorrei avere la certezza che  lo stipendio arrivi ogni mese. Vorrei avere tutele e diritti. Vorrei poter dire che sto mettendo dei risparmi da parte e non dover fare più di un lavoro per vivere serenamente”, racconta Martina quando le chiediamo di parlarci dei suoi sogni per il futuro. Martina non vuole andare all’estero, ma raggiungere i suoi obiettivi in Italia.  

Chi, invece, è già partito è Lorenzo che sta facendo un dottorato al Cern di Ginevra. “Vorrei tornare in Italia” spiega Lorenzo, “ma i fondi per la ricerca nel nostro Paese sono pochi e le condizioni di un dottorando in Italia non sono paragonabili a quelle della Svizzera”.  

I dati 
Queste sono solo alcune delle tante storie che accomunano i giovani in Italia. Secondo l’Istat i contratti a tempo determinato dal 2004 ad oggi sono quasi raddoppiati passando da 1.895.000 a 3.045.000. Tuttavia nelle statistiche non vengono ricompresi altri tipi di contratti precari. Nell’ultimo Rapporto sul precariato l’Inps rileva una diminuzione delle assunzioni da parte di privati ma allo stesso tempo una crescita di lavoro intermittente (+3%) e stagionale (+2%).

Il problema della precarietà lavorativa è stato anche sollevato da Ignazio Visco, governatore uscente della Banca d’Italia nella relazione Considerazioni Finali del Governatore. La percentuale di  giovani che dopo cinque anni ancora si trovano in condizioni di impiego a tempo resta prossima al 20%” ha detto Visco. “Troppi non hanno un’occupazione regolare o non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate”, ha aggiunto.

Stefano Giubboni, docente ordinario di Diritto del lavoro all’università di Perugia, spiega a Lumsanews perché il precariato cresce  in Italia. “Ci sono fattori economici e sociali legati alla struttura e alle dinamiche del mercato del lavoro”, dice  il professore, che sottolinea però come una grande incidenza sia dovuta ai “limiti posti dal legislatore”. Giubboni racconta come dal 2001 le istituzioni “hanno assecondato le dinamiche del mercato del lavoro” portando una “diffusione patologica dei contratti a termine”. L’uso eccessivo di questi contratti non è tuttavia l’unico sintomo di un precariato crescente, “che spesso si nasconde nel lavoro autonomo o nell’aumento del part-time involontario”. Fattori che portano a una “precarizzazione delle condizioni di lavoro” e alla “diffusione del lavoro povero”.

Il problema della povertà salariale viene sollevato anche da Gianluca Torelli, responsabile per la Cgil delle politiche giovanili. “Tante persone, pur lavorando, sono di fatto sotto la soglia della povertà” dice il sindacalista. “Il problema   è quanto viene pagato il lavoro nel nostro Paese. I rinnovi contrattuali spesso arrivano dopo anni, mentre nel frattempo l’inflazione ha fatto crescere il costo della vita”. I risultati dell’ultima analisi del movimento Adesso! mostrano infatti come il 62% degli under 40 residenti a Milano spende per vivere più di quanto guadagna. 

Le ripercussioni sulla società

Ma quali sono gli effetti del precariato sulla società? Per Roberto Rizza, docente ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’università di Bologna, “c’è un’insicurezza lavorativa e del reddito che si traduce nell’impossibilità di fare piani di lungo termine”. Il problema, spiega Rizza,  è che chi “ha rapporti di lavoro brevi non gode di sistemi di protezione sociale”. Se infatti non si raggiungono determinati requisiti in termini lavorativi e contributivi non si può accedere alle indennità di disoccupazione. Secondo il sondaggio di Deloitte, Global GenZ and Millennial Survey 2023, in Italia 7 giovani su 10 pensano di non riuscire ad andare a vivere da soli. Anche formare una famiglia diventa molto difficile per il 71% dei Millennial e il 63% della GenZ. 

Eppure non è ovunque così. In Spagna nel primo semestre del 2023 i contratti stabili sono aumentati di 2,5 milioni toccando un record storico. La riforma Diaz ha mostrato come la precarietà non è per forza un carattere distintivo del mercato del lavoro del terzo millennio.

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