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HomeCronaca “Il caso di Beniamino Zuncheddu è un fallimento per lo Stato. Ancora nessun risarcimento”

"Il caso Beniamino Zuncheddu
è un fallimento per lo Stato
Ancora nessun risarcimento"

L’avvocato difensore Mauro Trogu

"Non fu un banale errore investigativo”

di Clara Lacorte09 Ottobre 2025
09 Ottobre 2025

Mauro Trogu, avvocato difensore di Beniamino Zuncheddu, in carcere da innocente per 32 anni

Mauro Trogu, avvocato difensore di Beniamino Zuncheddu, racconta i nodi della vicenda di Beniamino Zuncheddu, in carcere da innocente per trentadue anni. Trogu critica la rigidità del sistema giudiziario nell’accettare nuove prove in fase di revisione e il successivo abbandono della vittima da parte dello Stato.

Avvocato, quando ha notato un cortocircuito nelle indagini?

“Purtroppo in tutta questa vicenda ci sono dinamiche poco chiare. Inizialmente gli inquirenti stavano seguendo la pista che oggi appare chiaramente quella giusta. In modo inspiegabile hanno cambiato direzione, arrivando a nascondere gli atti d’indagine che puntavano proprio verso la soluzione giusta. Si è verificato un cortocircuito che non può essere liquidato come un banale errore investigativo fisiologico”. 

Ha percepito una pressione mediatica che può aver compromesso la serenità delle indagini?

“La pressione mediatica c’è stata e ha inciso sul dibattimento. Da quando la stampa ha iniziato ad interessarsi al caso il processo ha subito un’accelerazione importante. Tra il 2020 e il 2023 si celebravano udienze ogni 4-6 mesi, con l’attenzione della stampa si sono celebrate ogni settimana”.

Quali elementi sono stati necessari per avviare una revisione e quali le difficoltà per ottenere l’ammissibilità?

“Ho avviato una serie di indagini difensive ottenendo due consulenze tecniche che rappresentavano già prove sufficienti per richiedere la revisione del giudizio. Ho deciso di coinvolgere la Procura Generale di Cagliari e la Procura della Repubblica, la quale ha aperto un’indagine per omicidio contro ignoti. Sono state prodotte nuove prove, in particolare intercettazioni, che hanno rafforzato le mie ipotesi. Alla fine, la Corte d’Appello di Roma ha accolto la revisione, ma ha accettato solo le intercettazioni come prove ‘nuove’, escludendo le mie consulenze tecniche. Una decisione che dimostra la rigidità del nostro sistema nel riconoscere come valida una prova nuova in fase di revisione”.

Quali sfide affronta la vittima di errore giudiziario dopo il proscioglimento?

“Subito dopo la scarcerazione ci si è resi conto di quanto lo Stato non sia pronto ad assumersi la responsabilità dei propri errori. Beniamino è stato messo alla porta senza un lavoro, una casa e un sostegno. Inoltre, la pratica per ottenere l’indennizzo da ingiusta detenzione è molto lunga e il condannato per errore rischia di non vedere mai quei soldi o di vederli quando ormai la sua vita è rovinata”.

Quale specifica riforma procedurale raccomanderebbe per ridurre il rischio di errori giudiziari?

“Bisognerebbe modificare la disciplina sulla responsabilità civile dei magistrati. La maggior parte degli errori giudiziari deriva da una superficialità nel giudizio e da una gestione errata del dubbio processuale. Viene spesso ribaltato il principio: l’imputato deve dimostrare l’innocenza, mentre in realtà è un presunto innocente e tocca al pubblico ministero assumersi l’onere totale della prova”.

Cosa manca al sistema italiano per riparare veramente al danno?

“Manca un automatismo per riconoscere gli errori e, soprattutto, una cultura che non tenda a coprirli. Oltre il 50% delle domande per riparazione viene respinto. La logica è che il recluso abbia contribuito con colpa, spesso individuata nell’esercizio di un diritto processuale come la facoltà di non rispondere. È un abominio. Si usa l’esercizio di un diritto per non riconoscere l’indennizzo, un ragionamento incivile”.

C’è una proposta di legge che porta il nome di Beniamino Zuncheddu. Qual è l’obiettivo?

“Affiancare, non sostituire, l’attuale meccanismo con una misura parallela di assistenza, non di risarcimento, basata sul principio solidaristico. Lo Stato che commette l’errore di tenere un uomo in carcere ingiustamente deve garantirgli  un sostegno economico e assistenziale immediato dopo l’assoluzione”. 

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