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HomeCronaca “Il collocamento mirato non ha mai funzionato bene, la legge 68 va riformata”

"Il collocamento mirato
non ha mai funzionato bene
la legge 68 va riformata"

Marino Bottà presidente di Andel

"Servono i disability job supporter"

di Chiara Di Benedetto03 Novembre 2025
03 Novembre 2025

Marino Bottà, presidente di Andel (Agenzia nazionale disabiliità e lavoro)

Marino Bottà, presidente di Andel, Agenzia nazionale disabili e lavoro, spiega a Lumsanews perché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, nel nostro Paese, non funziona. 

Come funziona il sistema di collocamento delle persone con disabilità?

“È antiquato, ingessato. Il collocamento mirato è un sistema pubblico regolato dalla legge 68 del 1999. Le persone che hanno un’invalidità riconosciuta superiore al 45% possono iscriversi al collocamento che, dal 2000, è gestito dalle Regioni. Attualmente gli iscritti sono oltre 1 milione. Noi abbiamo stimato che, di questi, circa il 50% ha una disabilità complessa. Queste persone necessitano di percorsi di accompagnamento al lavoro, di qualcuno che si faccia carico di valutare le loro capacità e di cercare un impiego al posto loro, mediando con le aziende. Un altro 25% necessita sempre di una forma di mediazione, seppur meno presente, mentre il restante 25% è composto dai cosiddetti “disabili abili”, che sono in grado di attivarsi da soli. Questi ultimi di solito sono gli unici che riescono a trovare lavoro, il restante 75% rimane disoccupato”.

Quindi il problema è la legge 68?

“All’inizio era considerata la migliore a livello europeo, una legge d’avanguardia. Dopo pochi anni, però, sono iniziate ad arrivare le prime critiche da parte di numerosi organi internazionali tra cui l’Ue e l’Onu. Il testo della legge sarà anche bello ma è inapplicato e poi ogni provincia fa a modo suo”.

Voi chiedete una riforma?

“Sono anni che ci proviamo. Ma da parte del Ministero del Lavoro non c’è nessuna volontà di modificare la normativa, perché si ritiene che sia già stato fatto con le Linee guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità. Effettivamente sono state scritte con l’intento di riformare il collocamento disabili, in realtà non hanno riformato niente, non sono altro che un esercizio di letteratura”.

Secondo l’ultimo rapporto del Cnel, nel 2023 solo il 33% delle persone con gravi limitazioni e il 57% di quelle con disabilità non grave risultano occupate. Lei che ne pensa?

“È importante sottolineare che queste percentuali non rappresentano chi ha trovato lavoro grazie al collocamento mirato, ma tutti gli occupati disabili attuali, quindi anche coloro che lavoravano prima della legge 68, quelli che sono diventati disabili in costanza di rapporto di lavoro, e quelli che sono stati collocati dalle agenzie private e da altri servizi territoriali. Ogni dato conferma che il collocamento mirato non funziona”.

Il problema non è soltanto trovare un impiego, ma mantenerlo.

“Sì, noi abbiamo calcolato che c’è una media di 36mila avviati al lavoro all’anno ma, di questi, circa 27mila perdono il posto entro i primi 12 mesi. Il motivo principale è che non c’è nessuno che li affianca: dopo l’assunzione sia i lavoratori che i datori di lavoro vengono abbandonati dagli operatori del collocamento perché non è più loro competenza. Questo spesso porta alle dimissioni o al licenziamento della persona disabile. Mancano i disability manager, quelle figure abilitate a gestire la disabilità all’interno delle imprese. Poi fa comodo dire che sono le aziende a non volere i disabili, invece la disponibilità c’è, è il sostegno che manca”.

Cosa fa un disability job supporter?

“È una figura professionale che abbiamo creato noi di Andel, ha il compito di ‘traghettare’ la persona disabile nel lavoro. Deve avere una conoscenza profonda della disabilità nel mercato e nel mondo del lavoro. Serve a facilitare la transizione, idealmente è come se si caricasse sulle spalle la persona disabile e la portasse dall’altra parte del confine, dove c’è il lavoro. Io dirigo un master per la formazione di questa figura, ma è un mestiere ancora poco conosciuto”.

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