Il grido della moglie di Liu Xiaobo, paladino dei diritti in Cina: “Dite a tutti che non sono libera”

”Dite a tutti che non sono libera. Mi mancate tutti. Grazie per il vostro sostegno”. Questo il grido di Liu Xia, moglie di Liu Xiabo, premio Nobel per la pace nel 2010 per aver cercato di diffondere i diritti umani in Cina.
Questo denuncia l’ha rivelata ai giornalisti ieri, mentre andava al processo di suo fratello Liu Hui. La donna si trova da due anni costretta a non uscire di casa senza aver ricevuto nessuna accusa o condanna. La detenzione arbitraria di Li Xia risale al 2010, quando suo marito ha vinto il Premio Nobel per aver promosso un documento che chiede la democrazia in Cina. Un inferno che non riguarda solo lei e il marito, ma l’intera famiglia. Infatti, dopo l’assegnazione del Nobel, il governo cinese ha messo ai domiciliari anche i parenti della coppia, perché potrebbero andare ad Oslo a ritirare il premio e quindi fare da eco alle battaglie di Liu Xiaobo.
La storia di Liu Xiaobo. Nato nel 1955 in Cina è stato educato alla religione cristiana. Dal 1969 al 1973 visse col padre nella Mongolia interna dove svolse lavori manuali. Ma la sua cultura gli ha permesso di vedere cosa succedeva anche fuori dal suo paese, infatti ha conseguito una laurea di primo livello in letteratura all’Università dello Jilin (1982) e la laurea magistrale all’Università di Pechino nel 1984. Dopo le lauree ha conseguito il dottorato all’Università Normale di Pechino nel 1988. Poi la svolta: fu chiamato ad insegnare in diverse università estere come la Columbia University (Usa), l’Università di Oslo (Norvegia) e l’Università delle Hawaii (Usa). Comincia ad essere scomodo per il regime nel 1988, quando in un’intervista rilasciata ad una rivista di Hong Kong, alla domanda che chiedeva di cosa ci fosse bisogno in Cina per portare a termine una trasformazione di portata storica, rispose: ”ci sarebbe bisogno di 300 anni di colonialismo. In 100 anni di colonialismo Hong Kong è cambiata fino a diventare ciò che è oggi. Data la grandezza della Cina, ovviamente ci vorrebbero 300 anni per trasformarla in quello che Hong Kong è oggi. E ho dei dubbi che 300 anni siano abbastanza”. Questa risposta fu utilizzata contro di lui da diversi avversari politici, ma  Liu Xiabo non la rinnegò mai. Nel 1989, nonostante si trovava negli Usa, tornò nel suo paese per partecipare alla protesta di piazza Tianamnen (una famosa manifestazione pacifica che chiedeva al regime cinese l’instaurazione di una democrazia) e convinse gli studenti ad abbandonare l’iniziativa quando l’esercito si stava preparando per reprimerla. Così facendo ha evitato un inutile massacro. Per le sue posizioni democratiche è stato incarcerato diverse volte.
“Charta 08”. Questo il nome del documento che Liu Xiaobo ha sempre tentato di promuovere. Un coraggio  che ha pagato con la rinuncia alla sua libertà personale. Ispirata alla famosa “Charta 77” scritta dai dissidenti cecoslovacchi per portare la democrazia in URSS, il testo sostiene la necessità di introdurre riforme democratiche nel sistema politico cinese con l’affermazione dei diritti umani  contemplati dall’Onu. Sottoscritto originariamente da 300 personalità, il documento ha raccolto fino ad oggi 10.000 adesioni.
Il Premio Nobel per la pace. Il18 gennaio 2010, Liu Xiaobo vinse il Nobel per la pace. Durissima la reazione del governo cinese che ha fatto in modo che la notizia non sia riportata dai media nazionali. Questo premio gli è costato una condanna ad 11 anni di carcere per una disputa su una proprietà: difficile non pensare che le motivazioni di questa condanna siano in realtà di natura politica.

Alessio Perigli