Kramatorsk, Ucraina | Epa/Sergey Shestak

"Dividere Russia ed Europaè uno degli obiettividegli Stati Uniti"

L'analista Elia Morelli a Lumsanews "Posizioni diverse dentro Nato e Europa"

La guerra in Ucraina ha posto una sfida importante per le parti coinvolte, ma ha anche offerto delle opportunità ad alcuni attori internazionali. Elia Morelli, ricercatore di storia all’Università di Pisa e analista geopolitico, racconta gli interessi di Stati Uniti, Cina e Russia e le fratture all’interno della “famiglia” euro-atlantica.

Quali sono le radici storiche del conflitto?
“Nel 1949, dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti istituiscono la Nato: ufficialmente si tratta di un’alleanza militare difensiva, ma di fatto serve agli Usa per mantenere l’egemonia sull’Europa occidentale. L’Unione Sovietica risponde nel 1955 con il Patto di Varsavia e l’Europa si trova divisa in due blocchi contrapposti. Con il crollo del muro di Berlino gli Stati Uniti promettono verbalmente all’Unione Sovietica che, in caso di entrata della Germania nella Nato, l’Alleanza non si sarebbe espansa verso est, ma avviene il contrario: nel 1999 vi entrano la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria. L’Ucraina comincia a ‘pendere’ verso ovest con la Rivoluzione Arancione del 2004, che porta al potere il filo-occidentale Viktor Juščenko.
Ma se fino ai primi anni Duemila Putin aveva mantenuto aperto il dialogo con la Nato, nel 2007 afferma che l’Alleanza Atlantica è uno strumento degli Usa per sottomettere le altre nazioni, in un discorso che segnala un cambio della traiettoria geopolitica russa”.

E la prima vera fase del conflitto?

“Il 2014 rappresenta la prima fase del conflitto. Viktor Janukovyč decide di recidere i negoziati con l’Unione Europea, scatenando le manifestazioni di Euromaidan che esprimono il sentimento europeista dell’Ucraina occidentale. La Russia annette la Crimea e inizia una guerra civile nell’Ucraina orientale, in particolare nel Donbass, che coinvolge l’esercito regolare ucraino e alcuni gruppi paramilitari contro gli ucraini filorussi sostenuti da Mosca. L’escalation del 24 febbraio segue alla richiesta da parte della Russia del ritiro degli armamenti occidentali dall’Est Europa e della garanzia scritta che la Nato non si sarebbe allargata ulteriormente. Gli Usa non solo non soddisfano le richieste della Russia ma addirittura minacciano una serie di misure finalizzate a isolarla”.

Qual è stato e qual è il ruolo degli Stati Uniti nella guerra?

“All’inizio gli Stati Uniti hanno temporeggiato, poi hanno visto nell’invasione russa un’opportunità. Poco prima dell’inizio della guerra il Segretario di Stato americano, Anthony Blinken, aveva affermato che se l’Occidente avesse permesso alla Russia di modificare i confini dei Paesi a lei vicini anche altri Stati autocratici avrebbero fatto lo stesso, riferendosi alla Repubblica Popolare Cinese e alle sue mire su Taiwan. Inoltre, per gli Usa l’invasione era l’occasione per aumentare il loro peso geopolitico in Europa. Infatti, sebbene all’interno della Nato ci siano percezioni diverse della minaccia russa, la guerra ha consentito agli Usa di compattare l’Alleanza. Ai Paesi membri Washington ha chiesto di incrementare la spesa per la difesa e ha aumentato le vendite di gas naturale liquido all’Europa, confermando il dogma principale della grammatica strategica dell’Alleanza: tenere gli americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto. L’obiettivo americano era chiaro: spezzare l’interdipendenza energetica tra Europa occidentale e Russia, e in particolare tra Germania e Russia. I sabotaggi ai gasdotti Nord Stream, di cui non si conosce il responsabile, hanno certamente contribuito a questo scopo”.

Come si è evoluta la relazione tra Russia e Cina?

“Prima del 24 febbraio la Russia e la Cina avevano proclamato la loro ‘amicizia senza limiti’ che quindi non era un’alleanza. Inizialmente Pechino ha appoggiato ‘l’operazione militare speciale’, ma non ha sostenuto le spinte indipendentiste di Lugansk e Donetsk, per non legittimare le pretese separatiste all’interno della Cina stessa, dallo Xinjiang al Tibet, a Hong Kong, a Taiwan. La guerra ha anche avuto un impatto negativo sul progetto infrastrutturale cinese delle nuove vie della seta, che avrebbero attraversato il Kazakhstan e l’Ucraina. Ma il conflitto offriva anche dei vantaggi alla Cina: distoglieva l’attenzione americana dall’Indo-Pacifico e allo stesso tempo indeboliva la Russia. Per Pechino l’ideale sarebbe infatti che la Russia vincesse la guerra ma ne uscisse più debole. Inoltre, con la perdita di influenza di Mosca in Asia centrale, la Cina potrebbe incrementare il suo peso geopolitico in questa regione. L’amicizia con la Russia rimane comunque importante per la Repubblica Popolare, sia perché impedisce un totale accerchiamento da parte degli Usa, sia perché le garantisce i rifornimenti energetici e alimentari e le consente di sviluppare la cooperazione con Mosca in ambito tecnologico”.

Quali sono le diverse posizioni all’interno della Nato e quindi dell’Europa?

“All’interno della famiglia euro-atlantica ci sono delle percezioni differenti della minaccia russa, in particolare tra europei occidentali e orientali. Per i primi la guerra si dovrebbe concludere con una trattativa, quindi con il ripristino delle relazioni diplomatiche con Mosca, al fine di ridisegnare l’architettura securitaria continentale e di mantenere i rapporti economici con la Russia, soprattutto in materia energetica. Per gli europei orientali, invece, la Russia va sconfitta definitivamente: la collettività russa sarebbe naturalmente incline al dominio e questo costringerebbe l’Europa a vivere in perenne stato di insicurezza. Per il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki nemmeno la caduta di Putin determinerebbe un cambiamento nella postura imperialista moscovita. In un’intervista al quotidiano tedesco Bild si è dichiarato favorevole a fornire armamenti a Kiev e ha ammesso di nutrire una profonda sfiducia nei confronti di Berlino per il suo atteggiamento remissivo in merito all’invio dei Leopard 2, rendendo evidente la competizione esistente tra Polonia e Germania. A dimostrare questa frizione è stata anche la richiesta polacca di ricevere da Berlino un risarcimento di 1300 miliardi di euro per le violazioni dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. La Polonia ha anche annunciato di voler portare la spesa per la difesa al 4% del Pil e di voler raddoppiare l’esercito, incentivandone al contempo la modernizzazione, grazie all’acquisto di armamenti dagli Stati Uniti ma anche dalla Corea del Sud. La Polonia ha addirittura chiesto l’aumento delle truppe Nato sul proprio territorio, si è resa disponibile ad ospitare bombe nucleari americane e ad ampliare la base statunitense di Powidz. Ha persino introdotto nelle scuole dei corsi per imparare a maneggiare un’arma. Tutto questo per aumentare il suo peso geopolitico in Europa, per diventarne il gendarme e cambiare l’equazione di potenza nel continente”.

Elia Morelli, ricercatore di storia all’Università di Pisa e analista geopolitico per Domino

Veronica Stigliani

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna nel 2019 con una tesi intitolata "States and non-state actors in the Middle East", collaboro con The Euro-Gulf Information Centre (EGIC), OSMED-Osservatorio sul Mediterraneo e La fionda.