Bandiera di El Salvador / PEXELS

"In El Salvador la politica di Bukele non sta funzionando"

Federico Larsen, giornalista argentino "Il 25% dei detenuti sono innocenti"

La situazione anti-criminalità adottata in El Salvador è una misura estrema che sta influenzando anche altri paesi dell’America Latina e del Sud America. Una massiccia operazione contro la violenza delle bande che riscuote molti consensi ma che deve fare i conti con la propria democrazia. Federico Larsen, giornalista argentino, racconta a Lumsanews come l’ascesa di Nayib Bukele al governo salvadoregno possa danneggiare le dinamiche democratiche del paese.

Federico Larsen, giornalista argentino

 In Sud America esiste un elevato tasso di criminalità come nei paesi del Centro America?

“Si, ma sono realtà abbastanza diverse. Innanzitutto, in Sud America esistono determinati territori che sono segnati dalla questione del narcotraffico e hanno quindi, di per sé, un grosso problema di criminalità organizzata. I tre principali produttori di cocaina al mondo sono in Sud America, ovvero Bolivia, Perù e Colombia. Poi, in quei paesi, vige un sistema criminale molto più complesso e più “raffinato”, se si vuole, mentre quello salvadoregno è più grezzo e anche più violento”.

Per quanto riguarda El Salvador, su cosa si basa la politica del presidente Bukele?

“Si tratta di un tipo di politica che non è solamente incentrata sull’accumulazione del potere nelle proprie mani, ma su un vero e proprio cambiamento di visione e di prospettiva su determinati problemi. Come per quello delle bande criminali, che da sempre infestano il paese. Queste misure per contrastare il problema hanno avuto un’influenza pesantissima in El Salvador, facendo aumentare i consensi nei suoi confronti”.

In che modo?

“Prima di Bukele i negozi erano costretti ad aprire per massimo due o tre ore al giorno, i giovani non potevano uscire di casa la sera e la vita notturna praticamente non esisteva salvo nei quartieri che potevano permettersi determinate misure di sicurezza. Inizialmente Bukele decide di fare un patto con le gang per diminuire la loro attività, senza ricorrere direttamente a misure drastiche. Poi questo patto si è rotto nel marzo del 2022, quando in un solo giorno vengono uccise più di sessanta persone. Da qui hanno inizio le misure estreme contro le gang”.

Alcune recenti proteste dell’opposizione hanno parlato di “morte della democrazia”, cosa ne pensa?

“Da quando si è insediato al governo, Bukele ha praticamente sottomesso tutte le istituzioni, è riuscito a cambiare la composizione della Corte costituzionale e del Tribunale elettorale per potersi ripresentare alle prossime elezioni. Una mossa che, costituzionalmente, non si potrebbe fare. Così facendo ha inserito El Salvador in un gruppo di paesi che non rispettano la democrazia e che non seguono le linee fondamentali dell’istituzionalismo e del liberalismo”.

Pensa che la sua politica non stia funzionando come dovrebbe?

“No, è chiaramente un fallimento. Ha messo in carcere sessanta mila persone in un paese di 6,3 milioni di abitanti, praticamente ha fatto arrestare l’1% della popolazione in meno di un anno. Si stima che il 25%, più o meno, siano in realtà completamente innocenti e altri non hanno mai commesso un crimine direttamente. Tutto questo mentre fuori dalle carceri c’è ancora un’ampia struttura criminale. Fondamentalmente non ha risolto il problema alla radice e sta diventando un punto di riferimento per molti altri paesi dell’America Latina. Mano dura, pugno di ferro, non importa se innocenti oppure no”.