La Corea del Nord agli USA: “Pronti all’attacco nucleare”. Obama prepara la difesa a Guam

L’agenzia Down Jones gela il mondo in tarda serata (ora italiana): l’esercito della Corea del Nord (nella foto il dittatore Kim Jong Un) ha ricevuto il via libera definitivo a un attacco nucleare contro gli Stati Uniti e gli alleati.
E proprio mentre si chiedono il perchè dell’annunciare un attacco che viene definito “imminente”, se non quello di facilitare una reazione del nemico, si viene a sapere che la Corea del Nord ha formalmente informato la Casa Bianca e il Pentagono di una potenziale azione nucleare. Stavolta è l’agenzia Bloomberg, citando la coereana KCNA, secondo la quale “nessuno può dire se una guerra esploderà o no in Corea oggi o domani”.

Il Sol Levante. La Corea del Nord, paese inespugnabile e dove qualsiasi notizia deve passare per una strettissima censura governativa, ha chiuso ai lavoratori del Sud il distretto industriale “congiunto” tra le due Coree di Kaesong: esaurite provocazioni più concrete.
Dal canto loro, gli Stati Uniti hanno risposto annunciando l’invio del sistema di difesa missilistico Terminal High-Altitude Area Defense battery nella sua base di Guam.
L’ingresso dei lavoratori del Sud al distretto di Kaesong è stato sospeso ieri mattina, stupendo i media di Seul: questo era uno scenario più volte minacciato dal Nord, ma mai attuato.

L’opposizione. 
Dure anche le critiche da Russia e Cina. La posizione di Pechino è considerata da parte degli analisti e delle potenze in causa (Usa e Russia su tutte) quella capace di risolvere o meno la crisi. La Cina può portare ad un ripensamento Kim Jong un, opzione diplomatica alla quale si sta lavorando, confermare l’appoggio alle mire nucleari della Corea del Nord, ipotesi piuttosto sfumata, oppure abbandonare l’alleato al suo destino, una scelta che pare stia trovando molti consensi a Pechino. Nella recente escalation della penisola coreana, l’ultima notizia – nella mattinata asiatica in cui si sono rincorse le speculazioni – riguarda un annuncio circa la presunta chiusura permanente dell’ “oasi capitalistica” nel Nord di Kaesong, un distretto industriale nel quale i soldi sudcoreani utilizzano la manodopera a basso costo del Nord. Notizia che non ha trovato particolare soddisfazione a Pechino. E a confermare il dissidio, arrivano voci – diffuse da giornali sudcoreani – circa la richiesta nord coreana di un incontro al vertice con emissari cinesi. Pechino avrebbe risposto picche, confermando le analisi di chi presuppone un allentamento fatale dei rapporti tra i due paesi. Dopo gli annunci di ampliamento delle proprie capacità nucleari, con la riapertura del reattore di Yongbyon e il blocco delle attività di Kaesong da parte di Pyongyang, la Cina aveva richiamato tutte le parti alla calma, in modo piuttosto stizzito. Ieri Zhang Yesui, il vice ministro degli Esteri, ha specificato che la Cina ha una “profonda preoccupazione per la situazione attuale”, e ha aggiunto che si aspetta che l’escalation della tensione sia “disinnescata”. “Tutte le parti – ha aggiunto – devono mantenere la calma e dare prova di moderazione e non intraprendere azioni provocatorie e capaci di peggiorare la situazione”. Dopo i test nucleari di febbraio Pechino per la prima volta votò convinta le sanzioni e si premurò anche di farle rispettare. D’altro canto le loro falle passavano sempre attraverso la frontiera Cina-Corea, dove i funzionari cinesi chiudevano spesso un occhio a causa del generale clima di appoggio di Pechino nei confronti del regime nord coreano. Ma la Cina ormai sembra pronta a cambiare la propria politica: non a caso dal Giappone e dagli Stati Uniti si sono alzate voci circa i progressi nelle relazioni con Pechino. E in mezzo c’è il nodo coreano. In primo luogo da parte di tutti gli attori nella contesa, la Cina viene vista come l’unico paese che può accompagnare Kim Jong-un a eventuali tavoli di trattativa. Cina e Corea del Nord sono alleati, ancora. Secondo fonti dell’esercito cinese però, come riferito dai quotidiani giapponesi, la Cina avrebbe fatto sapere di non aver più alcun controllo sulle decisioni di Kim Jong-un. Il metodo di provocazioni continue di Pyongyang evidentemente ha stancato anche Pechino. Sarebbero da leggere i quest’ottica i movimenti di truppe segnalati nei giorni scorsi al confine tra Cina e Corea. Secondo molti analisti e alcune fonti cinesi, questi ammassamenti di truppe, generalmente cospicue al confine, esprimerebbero l’interesse alla difesa del proprio territorio in caso di crollo del regime nord coreano, piuttosto che di supporto a Pyongyang. La diplomazia cinese, anche sulla base delle dichiarazioni di stamattina, molto critiche verso l’alleato nord coreano, sembra aver scelto per l’abbandono della Corea e l’apertura di una nuova stagione diplomatica rispetto a Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Del resto la Cina ha molte contese territoriali in Asia e una Corea del Nord continuamente in escandescenza non conviene. Sarebbe un passo probabilmente già effettuato se non ci fossero delle resistenze interne piuttosto importanti, in relazione alla Corea del Nord. I veterani dell’esercito e molti degli anziani del Partito infatti, vedono ancora oggi la Corea del Nord come lo stato cuscinetto capace di mantenere gli Usa distanti da Pechino. Se infatti il Nord dovesse crollare, nell’immaginario politico di Pechino ci sarebbe una Corea unificata ma sotto controllo americano. E questo significherebbe avere Washington vicino – troppo vicino – al confine cinese.

Lorenzo Caroselli