La Polonia scende in piazzacontro le nuove restrizionidel governo Morawiecki

Dopo la riforma della giustizia nuova stretta in tema di aborto

Unite per difendere il loro diritto all’aborto. Sfidando la neve e il gelo, migliaia di donne polacche sono scese in piazza a Varsavia e in altre 60 città per protestare contro un nuovo tentativo di introdurre ulteriori restrizioni sull’aborto voluto dal governo ultraconservatore di Mateusz Morawiecki.

Le proteste, promosse dall’organizzazione “Lo sciopero nazionale delle donne”, sono la risposta a un disegno di legge, chiamato “Fermiamo l’aborto”, che vieta alle donne di abortire in caso di malattia del feto scoperta attraverso analisi prenatali.

Ma questa protesta è solo l’ultima delle contestazioni dei cittadini polacchi contro il governo di Duda. Un governo che, dal 2015, sta introducendo una serie di riforme che stanno sottomettendo il sistema giudiziario polacco al controllo del potere politico, rendendo così la Polonia una nazione sempre più lontana dallo Stato di diritto e dai principi dell’Unione Europea, della quale il paese è uno Stato membro.

Ed è proprio con l’Unione Europea che nei mesi scorsi ci sono stati scontri istituzionali. Le riforme introdotte dal partito Legge e Giustizia (PiS) avevano indotto la Commissione europea ad avviare procedimenti disciplinari, senza precedenti, contro Varsavia a seguito della riforma della Giustizia considerata dall’Unione una minaccia all’indipendenza della magistratura polacca perché di fatto mette in discussione l’indipendenza del potere giudiziario e lo sottomette al potere politico, al contrario che in ogni vera democrazia.

Secondo la riforma, il ministro della Giustizia diventa automaticamente procuratore generale e può nominare liberamente  i giudici ordinari e i membri della Corte suprema e del Tribunale costituzionale. Per questo la Commissione europea ha deciso di avviare le procedure di attivazione dell’ articolo 7 dei Trattati che prevedono sanzioni fino alla riduzione degli aiuti e alla sospensione del diritto di voto in Consiglio.

Una scelta necessaria per limitare l’avanzamento di un potere che rischia di cancellare uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto e della democrazia liberale. Principio su cui i nostri padri fondatori crearono l’Unione Europea 60 anni fa.