Haftar dietro l'attentatoall'ambasciata italiana per le milizie di Tripoli

Il generale punta sulla capitale e la Libia torna una polveriera

I tre terroristi autori del fallito attentato con auto-bomba indirizzata all’ambasciata italiana a Tripoli, sabato scorso, sarebbero tre militari legati alla cosiddetta Operazione Dignità, che fa capo al generale Khalifa Haftar. Secondo il portavoce delle forze speciali libiche, Ahmed Salem, lo scopo sarebbe stato proprio quello di colpire l’ambasciata nel distretto Al Dahra di Tripoli. «L’obiettivo del fallito attacco all’ambasciata d’Italia era politico, ovvero quello di compromettere la sicurezza nella capitale», ha affermato Salem, citato dal Libya Observer, che ha identificato in Milood Mazin e Hamza Abu Ajilah i due attentatori rimasti uccisi in auto e in Omer Kabout, ancora ricercato, il terzo complice.

Una tesi che il governo italiano legge con una vena di scetticismo: le forze speciali, infatti, avrebbero tutto l’interesse ad incolpare gli uomini di Haftar in un scontro tutt’ora aperto per la conquista della Libia. Il generale Khalifa Haftar, ex ufficiale gheddafiano che guida l’esercito nell’Est della Libia e sostiene il governo di Tobruk (non riconosciuto dall’ONU), da mesi non nasconde l’ambizione di arrivare a controllare tutto il paese. L’esercito del generale è schierato nell’Est del paese (la Cirenaica), e dopo aver combattuto per mesi gruppi di islamisti e integralisti, è riuscito proprio ieri a conquistare Bengasi. Haftar è così diventato il padrone di tutta la costa libica dal confine egiziano al porto petrolifero di Sidra, vicino a Sirte. Mentre La zona occidentale è invece controllata dalle milizie di Misurata e altri gruppi alleati del governo riconosciuto dall’Onu di Fayez al-Serraj. Pochi giorni prima dell’attentato Haftar avrebbe dichiarato: «Rifiutiamo qualsiasi aiuto dall’Italia prima che le sue le navi da guerra e le truppe italiane abbiano lasciato Tripoli e Misurata».

Nel risiko della Libia, l’Italia gioca un ruolo delicatissimo, soprattutto dove aver ribadito il proprio sostegno al governo di Fayez Serraj. Un governo fragile che non è stato ancora in grado di stabilizzarsi decisamente, rischiando una perdita di legittimità che potrebbe portare ad una crisi irreversibile. Il contrasto con l’Est del Paese, con i seguaci del generale Haftar, andrà sciolto dunque, trovando una formula che includa la Cirenaica e anche Haftar, senza creare però nuovi piccoli Gheddafi. La Libia per l’Italia è diventata una polveriera, che con il rischio concreto di attentati “mafiosi” o terroristici rischia di esplodere.

Simone Alliva

Laureato all'università Lumsa di Roma in Scienze dell’informazione, comunicazione e marketing, ha iniziato la professione da giornalista pubblicista nei giornali locali della Calabria. Passando nel 2013 al settimanale “L’Espresso”, dove si è occupato di cronaca politica e diritti civili.