L’energia che fa coesione, la lezione di Berceto

Da borgo montanaro che ha subìto nei decenni spopolamento e marginalità, passando da diecimila a duemila abitanti, a centro di avanguardia delle politiche di coesione sociale europea in campo energetico. È la parabola di Berceto, a due passi dalla Cisa, ultimo paese emiliano prima della Toscana in quella terra di confine che unisce l’Appennino tosco-emiliano a quello ligure. 

Una storia dura di emigrazione, di famiglie in cerca di fortuna, lontane dalla loro montagna. Una storia ricorrente nei 5383 borghi italiani che, secondo Legambiente, sono a rischio abbandono. A Berceto, rischiavano di rimanerci solo i castagni e le querce. Ma proprio dagli alberi e dall’utilizzo dei loro scarti per produrre energia pulita potrebbe emergere un’arma di riscatto, solidarietà e benessere.

“Io non so – ammette con una punta di ironia  il sindaco Luigi Lucchi – se sono il sindaco di duemila abitanti o di 131 milioni di alberi”. Ma nella sua voce non si sente lo sconforto; piuttosto la consapevolezza di dover intraprendere un’azione concreta. “Vivere in montagna è un lusso – spiega Lucchi – la gente, quando apre il cassetto dei risparmi, lo trova vuoto. Ha speso tutto per il riscaldamento, che qui sta acceso per dieci mesi all’anno”. 

La crisi energetica insomma, spiega il sindaco, sarebbe potuta essere il colpo di grazia per Berceto. Poi, tra il 2021 e il 2022, un’idea. Dopo un paio di riunioni comunali, i cittadini  propongono di partecipare a un bando europeo per le idee innovative in ambito energetico e ambientale, l’Eucf, European City Facility. L’iniziativa mette in palio 60mila euro per finanziarne la progettazione. I bercetesi ipotizzano un reattore a biomassa a scarso impatto ambientale, da alimentare con le potature degli alberi.

Da Bruxelles, poi, verso la fine del 2022, la lettera di conferma: il paese è tra i vincitori del bando. Il progetto viene firmato nell’ottobre 2023. Si chiamerà Berceto Energy Park, una Comunità Energetica Rinnovabile (Cer). Un modello di consumo e produzione energetica che nei prossimi anni potrebbe trainare la transizione ecologica in tutto il territorio italiano, che già ne ospita più di un centinaio.

Le potenzialità rivoluzionarie delle Cer

Le Cer, spiegano al Gse (Gestore dei Servizi Energetici), la società italiana che ne sta scrivendo le normative, , sono “un insieme di cittadini, imprese, enti territoriali, cooperative e altri raggruppamenti che condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta dagli impianti dei soggetti associati”. 

Il concetto entra nella legislazione europea nel 2019 con il pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei” e ottiene presto il via libera con la Direttiva sulle regole per il mercato energetico interno. Inizia allora un processo di diffusione capillare delle Cer in Europa, tra sperimentazione e transizione verso le pratiche e le specifiche tecniche più efficienti. Tra i suoi attori principali c’è la divisione Smart Energy di Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che ha sviluppato strumenti appositi per misurare la loro efficienza. 

“I simulatori RECON, Smart Sim e Dhomus – spiega il ricercatore Matteo Caldera – permettono un’analisi energetica, economica e finanziaria delle Comunità Energetiche, e sono dedicati al coinvolgimento del cittadino”. 

Gli utili non finiscono nelle tasche degli affiliati alle Cer, tra “enti pubblici, aziende e privati – continua Caldera – ma ricadono anche sul territorio”. Le connessioni indipendenti dei gruppi di autoconsumo energetico, infatti, alleggeriscono la richiesta di tutta la rete, rendendola più efficiente. Una soluzione non indifferente, alla luce della progressiva elettrificazione dei consumi. 

La democrazia energetica della condivisione

“La finalità”, sintetizza il ricercatore, “è quella di democratizzare l’energia, ovvero rendere il cittadino maggiormente consapevole su questo mercato”. La condivisione come vera sfida per la democratizzazione energetica. Condivisione di costi, di guadagni, di responsabilità verso il futuro. A farsene carico, comunità consapevoli accompagnate dalle ESCo, le “compagnie di servizi energetici”, che mettono in contatto i soggetti che progettano le Cer e le guidano nel processo di costituzione. E anche il nostro Paese ha da poco recepito le direttive comunitarie che le promuovono.

Il decreto del ministero per l’Ambiente in vigore dal 24 gennaio prevede lo stanziamento di 2,2 miliardi di euro del Pnrr per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili su iniziativa delle Cer, e che nei piccoli paesi sotto i cinquemila abitanti possono coprire fino al 40% dei costi di realizzazione.

Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha stimato per il 2050 oltre ventimila Cer sul suolo italiano. Secondo Caldera, “si tratta di un orizzonte molto lungo”, ma che iniziative come l’Eucf possono contribuire a realizzare, favorendo l’innovazione che parte dal basso. 

I vantaggi non riguardano solo la decarbonizzazione, ma permettono ricadute positive anche sul comparto sociale ed economico. Lo dimostrano cooperative come “ènostra, impegnate a allargare la rete delle fonti energetiche rinnovabili e rendere la partecipazione trasparente. Ora c’è bisogno solo di buona volontà. Che al sindaco Lucchi, alla sua Berceto, e alle altre 109 Cer italiane, non mancano: “La gente che si coalizza – conclude Lucchi – ha una forza eccezionale”.