"L'Europa deve rinunciarea barricarsi dietrola sua superiorità morale"

Intervista al giornalista Nico Piro "Dialogare non significa assolvere"

Nico Piro è un giornalista e scrittore, nonché esperto di Afghanistan. Per Lumsanews ha delineato le caratteristiche del nuovo governo talebano e il ruolo dell’Europa nella gestione della crisi umanitaria. 

Quante sono le persone che non sono disposte a vivere sotto il governo dei talebani?

“La domanda è difficile perché questi anni di governo cosiddetto democratico hanno sostanzialmente esposto due problemi: la volontà degli afgani di avere sicurezza e la necessità di liberarsi della corruzione. Questo è un qualcosa che i talebani possono offrire. Negli anni ho incontrato afghani che sicuramente non potevano essere accusati di simpatie talebane, ma che riconoscevano loro la capacità di riportare l’ordine nel Paese. Il tema della sicurezza non è solo intesa come lotta al terrorismo. A Kabul negli ultimi anni c’è stata un’ondata di criminalità costante e continua. Nel ‘96, quando i talebani entrarono a Kabul, furono salutati da liberatori perché liberarono la città dai mujaheddin, da bande che si facevano la guerra tra loro, distruggendo la città. Avevano fatto decine di migliaia di morti e avevano compiuto crimini di guerra. In realtà sarebbe passato poco tempo prima che i talebani mostrassero il loro volto da fanatici religiosi. In qualche modo sta riaccadendo anche oggi.” 

Sono cambiati i talebani?

“Il problema è che è cambiato l’Afghanistan. Nel 2001 viveva a Kabul mezzo milione di persone, oggi ci vivono in sei milioni. Non c’è un censimento da 40 anni in Afghanistan, ma circa un terzo della popolazione afghana è urbana, vive in grandi città. Quindi non è assimilabile alla popolazione rurale con la quale i talebani avevano a che fare. Anzi la propaganda talebana per anni ha dipinto come infedeli e lascivi a livello morale gli abitanti della capitale. Io quando ho incontrato in clandestinità a Kabul dei comandanti talebani mi sentivo dire questo: “ma le donne qui vanno in giro nude”. Quindi il vero problema è: i talebani riusciranno a trovare un equilibrio con il Paese che è cambiato e che loro non conoscono?” 

In che senso non lo conoscono?

“Il vertice talebano da vent’anni vive all’estero, l’Afghanistan lo conosce da lontano, i comandanti talebani sono attivi nelle aree rurali e quindi la città non la conoscono. I primi segnali del nuovo governo sono molto contrastanti perché i talebani hanno fatto delle promesse: “lasceremo partire chi avrà i documenti, lasceremo le donne al lavoro”. Ma è chiaro anche, come dimostra il caso di Baradar, che dentro il governo talebano c’è un forte scontro in atto e dal suo esito si capiranno le future politiche dei talebani”. 

Ma quali sono le prospettive per la popolazione?

“Per come si stanno mettendo le cose i talebani stanno perdendo una grossa occasione. Il patto sociale con gli afghani basato su pace, sicurezza, fine dei bombardamenti, fine dei raid, in cambio di un po’ meno libertà, può reggere. Dipende da quanta libertà reprimeranno”.

Quanti sono i migranti pronti a partire dall’Afghanistan e quale sarà la posizione dei Paesi limitrofi nella gestione di questi flussi? Come si muoverà l’Ue?

“Di dati precisi non ce ne sono. Di sicuro l’Europa e gli Stati Uniti non hanno esaurito il loro dovere morale. Devono continuare, facendo accordi con i talebani per aprire dei corridoi umanitari e portare diverse migliaia di persone fuori dal Paese. L’Europa ha rimpatriato per anni afghani in Afghanistan affermando, per non cadere in contraddizione (ma finendoci ancora di più), che era un Paese sicuro per zone. Ma era chiaramente falso. Ora l’Europa cosa farà? Purtroppo c’è una posizione degli Stati Uniti che lascia perplessi, perché una volta che hanno portato a casa gli interpreti, i collaboratori vari, le famiglie eccetera, sembrano voler dire “arrivederci, è un problema dell’Europa”.”

Sembra che anche questa volta si procederà un po’ all’esternalizzazione, una pratica come fatto magari nel 2015 con la Turchia. 

“La Turchia ha già detto “noi ne abbiamo troppi non ne vogliamo altri” che probabilmente, nel linguaggio di Erdogan significa “pagatemi di più”. Il problema è: l’Europa può continuare a consentire alla Turchia di accumulare nelle sue mani milioni di profughi che possono tranquillamente essere usati per destabilizzare il Continente, come successo anni fa?”

Questa volta prima di arrivare a finanziare la Turchia, magari si fa il passo precedente, ovvero guardare al Pakistan. 

“L’Europa dovrebbe rinunciare a barricarsi dietro la sua superiorità morale, che tra l’altro in Afghanistan abbiamo ampiamente perso. Dovrebbe parlare con i talebani, che non significa assolverli perché sono autori di crimini di guerra e non si possono riabilitare, però controllano il Paese. Se non ti muovi, il vuoto, nella geopolitica questa è la legge, non resta mai vuoto. La Cina si sta muovendo, la Russia si sta muovendo con grande cautela, il Qatar lo stesso, il Pakistan se ne tiene abbastanza lontano. Come strada è complicata viste le scelte dei talebani di mettere al governo 17 membri su 33 presenti nella lista delle taglie internazionali. Ma credo che un approccio ideologico non sia utile. Dobbiamo fare i conti con vent’anni di errori e impararne qualcosa”.