epa09463591 People gather to withdraw money from a bank in Kabul, Afghanistan, 12 September 2021. The country has been experiencing a severe humanitarian crisis as people have no job or income and many were forced to sell their belongings for food. Banks have resumed operations with limited cash flow. EPA/STRINGER

"Non ci sarà una crisimigratoria verso l'Europacome quella del 2015"

Parla la giornalista Francesca Mannocchi "L'Afghanistan è cambiato in 20 anni"

Sulle prospettive delle migrazioni dall’Afghanistan ha risposto a Lumsanews la giornalista ed esperta Francesca Mannocchi.

Quanti e quali sono le persone che non sono più disposte a vivere sotto il nuovo governo dei talebani in Afghanistan?

“Quello che possiamo dire, cercando di sintetizzare senza semplificare, è che i talebani che oggi hanno il potere e che hanno formato un governo tutt’altro che inclusivo, si trovano a governare un Paese molto diverso di quello che avevano controllato dal ‘96 al 2001. È un paese molto giovane, a livello di età media della popolazione, ed è un paese in cui esiste una fetta, seppur non maggioritaria, di giovani che è cresciuta in questi vent’anni con l’idea di un paese in costruzione di una costituzione che garantisse loro dei diritti. Un processo a ostacoli, perché la guerra e il conflitto in Afghanistan non è mai finito, non si è mai del tutto arrestato nell’ultimo ventennio.”

Quali pericoli corrono in queste settimane e da qui al prossimo futuro?  

“C’è un embrione di società civile, che ha tante facce, fatto di un mondo mediatico piuttosto vivace (radio, tv e giornali), e di organizzazioni femminili attive non solo in città o nei capoluoghi di provincia, ma anche nelle campagne, seppur con qualche difficoltà. Una società civile che, per quanto embrionale, non ha intenzione di fare un passo indietro rispetto a questa acquisizione dei diritti. Le persone esposte, quindi, sono tutte le persone che ruotano e si muovono intorno a questa articolazione.”

Continueranno queste manifestazioni e queste richieste di maggiori diritti, pur avendo visto come vengono represse e disperse?

“Credo che queste manifestazioni di dissenso continueranno e che muteranno forma. Quello che ci deve fare stare molto attenti nella lettura di quello che sarà l’Afghanistan nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, è che si modellerà l’azione dei talebani, come già sta facendo: presenterà una facciata, una superficie presentabile, o almeno tenterà di mostrarsi presentabile, e una parte in ombra che, invece, sarà altamente repressiva. Io credo che i talebani cercheranno di modellare la propria repressione su questa nuova società che non conoscono. Allo stesso tempo, penso che questo embrione di società civile cercherà di modellare il proprio dissenso sulla base di questi nuovi talebani.”

Si prevede un’altra crisi migratoria verso l’Europa? Quanti sono i migranti pronti a partire dall’Afghanistan e superare i paesi limitrofi?

“Io non credo che ci sarà una fiammata migratoria, come l’abbiamo vissuta nel 2015. Questa crisi umanitaria ci pone di fronte delle sfide di analisi geopolitica. Nel 2015 è diventato centrale e determinante per le sorti della narrazione europea della migrazione, un paese come la Turchia, con cui l’Europa, nel 2016, ha siglato un accordo: denaro in cambio di contenimento del fenomeno migratorio. Questo ha fatto sì che in Turchia oggi ci siano circa 3 milioni di siriani rifugiati, e che in cambio della creazione dei campi per migranti e del contenimento del flusso migratorio verso la rotta balcanica, l’Europa destinasse alla Turchia 60 miliardi di euro.” 

Qual è la differenza con la situazione attuale?

“Quello che cambia oggi è che mentre la Turchia, nel 2015 e 2016, vedeva un antagonista nel regime di Bashar Al Assad, e quindi le persone in fuga dal regime siriano erano per la Turchia dei rifugiati che meritavano di essere accolti, oggi è diverso. La Turchia, infatti, sta negoziando con il regime dei talebani, e dunque le persone che fuggono da quel regime non sono rifugiati, ma sono clandestini. Questo cambierà l’approccio della Turchia nei confronti di questo fenomeno migratorio, che però sarà molto più contenuto di quello che temiamo.”

Tramite il filtro della Turchia, ci sarà un irrobustirsi di un flusso tramite la rotta balcanica?

“Non credo che assisteremo alla fuga di 800-900 mila o addirittura un milione di persone, per una serie di ragioni, non ultima quella economica: non sono molti i cittadini che possono permettersi un viaggio in mano ai trafficanti, oggi, verso la rotta balcanica. Il discrimine sarà probabilmente la fine dell’anno. Le Nazioni unite parlano di mezzo milione di persone in fuga da qui alla fine dell’anno. Questo è un momento in cui dobbiamo sederci ed osservare quello che si muove. L’azione politica, e la risposta dei paesi occidentali verso il regime dei talebani ancora non è chiara. Dovremo osservare cosa succederà dopo una eventuale negoziazione da parte dei governi occidentali con il regime dei talebani. Al momento ancora non c’è un riconoscimento di questo tipo.” 

Continueranno e si accentueranno le violazioni dei diritti umani viste negli ultimi anni?

“Gli abusi verso i migranti a cui abbiamo assistito dal 2015 a oggi sulla rotta balcanica non si sono mai interrotti. Lo dimostrano i numeri al confine della Bosnia, della Croazia la Slovenia. E lo dimostra quello che continua ad accadere purtroppo, nel silenzio generale, anche di noi giornalisti, tra la Turchia e le isole greche, dove ci sono gli hotspot di Moria, di Thamos e altri.”

Pensa che i  paesi limitrofi saranno quelli che dovranno gestire i flussi migratori?

“In realtà paesi limitrofi soffrono già i flussi migratori. I numeri ci dicono una cosa molto chiara: in Afghanistan ci sono tre milioni e mezzo di sfollati interni e tre milioni e mezzo di profughi, di cui 2 milioni in Pakistan, e 1,5 milioni in Iran. I Paesi limitrofi, quindi, già hanno, da un lato, subito, e dall’altro supportato i fenomeni migratori delle guerre passate e di questa lunga guerra di vent’anni. Il grosso della migrazione e della fuga, credo continuerà a ricadere su di loro. E probabilmente ce lo diranno i prossimi mesi se ci saranno dei fondi europei destinati al Pakistan e all’Iran.”

Luca Sebastiani

Mi chiamo Luca Sebastiani e sono laureato (triennale e magistrale) in Storia, ho poi frequentato un Master in Geopolitica e Sicurezza Globale. Un occhio di riguardo verso gli Esteri.