TEL AVIV – Tensioni in Libano tra la Nazioni Unite e le forze israeliane, che questa mattina (3 settembre) hanno lanciato un attacco missilistico a meno di venti metri di distanza dai caschi blu dell’Unifil. La missione Onu si trovava a sud della Linea blu di demarcazione del confine tra Libano e Israele quando è stata raggiunta dalle granate. A denunciarlo su X è la stessa Unifil, che racconta come il personale della Nazioni Unite fosse nella zona per uno sgombero stradale nell’area sud-est del villaggio di Marwahin.
Un’operazione per cui “l’Idf era stata informata in anticipo” sottolinea in una nota ufficiale l’Unifil, che ha annunciato la sospensione dei lavori nella zona da parte dei caschi blu “per motivi di sicurezza”. Un episodio che la missione Onu ha definito tra gli attacchi “più gravi al personale e alle risorse dell’Unifil dall’accordo di cessate il fuoco dello scorso novembre”. La codanna arriva anche dal ministro degli esteri, Antonio Tajani su X, “Condanniamo gli attacchi alla missione Unifil che lavora per garantire sicurezza e stabilità del Libano”, scrive.
Israele dichiara terra statale 45 ettari in Cisgiordania
Sull’attacco non si è ancora esposto il governo di Israele, che intanto ha dichiarato “terra statale” 45 nuovi ettari nel nord Cisgiordania, definendoli quindi disponibili per nuovi insediamenti ebraici. Un progetto che si accosta all’operazione di terra per invadere Gaza City, approvata ad agosto con il richiamo entro fine autunno di 60mila riservisti dell’esercito israeliano per completare l’espansione. Di questi, 40mila sono stati chiamati in servizio ieri, non senza polemiche. Un gruppo di 365 ex soldati si è infatti opposto, annunciando in una lettera corale di non presentarsi alla chiamata di servizio per continuare a combattere sulla Striscia. Un numero di dissidenti in crescita secondo il sergente Max Kresch, che in una conferenza stampa ha difeso il rifiuto a “prendere parte alla guerra illegale di Netanyahu”. Un’accusa appoggiata anche dal revisore dello Stato di Israele, Metanyahu Engelman, che in un rapporto sulla condotta di Netanyahu ha sottolineato come il premier non abbia garantito un adeguato sistema di sicurezza.
Non certo l’unica protesta che il premier israeliano deve affrontare. A Gerusalemme nella “giornata dei disordini” indetta per richiedere il rilascio degli ostaggi e la fine del conflitto, i manifestanti hanno incendiato cassonetti e veicoli attorno alla residenza di Netanyahu con l’intento di creare una linea di fuoco attorno alla casa del premier. Un’azione criticata però dal leader di opposizione, Yair Lapid. “Condanno l’incendio dei veicoli a Gerusalemme, ma condanno ancor di più un governo che abbandona gli ostaggi a morire a Gaza”, ha dichiarato.
Intanto la città di Tel Aviv si è svegliata questa mattina per la prima volta dopo settimane con le sirene d’allarme per un missile lanciato dallo Yemen verso il territorio israeliano.