Baltimore Ravens players, including former player Ray Lewis, second from right, kneel down during the playing of the U.S. national anthem before an NFL football game against the Jacksonville Jaguars at Wembley Stadium in London, Sunday Sept. 24, 2017. (ANSA/AP Photo/Matt Dunham) [CopyrightNotice: Copyright 2017 The Associated Press. All rights reserved.]

Lo sport Usa contro Trumpatleti in ginocchiodurante l'inno nazionale

Scontro su Twitter con i cestisti Kobe Bryant, LeBron James e Curry

Parte l’inno nazionale americano e i giocatori si inginocchiano. Tutti contro Trump: dall’Nba, alla Nfl passando per la Mlb. Il presidente degli Stati Uniti è riuscito a mettersi contro i grandi campioni degli sport più popolari oltreoceano, incassando così un pesante colpo alla propria popolarità già in forte calo.

Pochi giorni fa Stephen Curry – fresco vincitore dell’Nba di basket con i suoi Golden State – ha dichiarato di non voler partecipare al tradizionale incontro alla Casa Bianca tra il presidente e i vincitori della massima lega cestistica. Trump gli ha risposto piccato attraverso la sua arma preferita, Twitter: “Dovrebbe essere un grande onore venire alla Casa Bianca. Curry esita? Invito ritirato!”. La polemica a colpi di tweet si è rinfocolata grazie a un altro campione del basket americano, LeBron James: “Venire alla Casa Bianca è sempre stato un onore, almeno fino a quando sei arrivato tu”, ha cinguettato l’ala dei Cleveland Cavaliers. Un altro big della pallacanestro, Kobe Bryant, si è unito ai suoi colleghi contro Trump: “Un presidente il cui nome evoca rabbia e divisione, le cui parole ispirano dissenso e odio, non renderà l’America Great Again“, giocando sullo slogan della campagna elettorale del repubblicano.

Anche il mondo del football americano si è scagliato contro Trump. L’anno scorso il primo a inginocchiarsi durante l’inno nazionale è stato il quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick: un simbolico gesto di protesta dopo i tragici fatti di Charlottesville. Un episodio costato però caro a Kaepernick, che al momento si trova senza squadra.

La protesta nel corso di questo weekend ha contagiato numerosi atleti, come Bruce Maxwell, il primo giocatore della Major League di baseball a inginocchiarsi durante l’inno. Il gesto anti Trump ha persino valicato i confini nazionali, raggiungendo lo stadio di Wembley di Londra dove si sono affrontati i Jaguars di Jacksonville e i Ravens di Baltimora di football americano: tutti in ginocchio e abbracciati l’uno all’altro, compresi gli allenatori e i membri degli staff. Una scena che, dopo Wembley, si è ripetuta su tutti gli altri campi americani sui quali si è disputata la giornata di campionato di football.

Un duro colpo per il presidente Trump, la cui popolarità secondo gli ultimi sondaggi è ai minimi storici (39%). Ma l’uomo più potente d’America non si è fatto intimorire dalle proteste e – sempre su Twitter – ha rilanciato: “Se i tifosi della Nfl si rifiutano di andare a vedere i match fino a quando i giocatori non smettono di mancare di rispetto alla bandiera e al Paese, le cose cambieranno rapidamente”. Trump ha anche invitato i proprietari delle squadre a licenziare quei giocatori che, a sua dire, non rispettano l’inno. La provocazione del presidente ha così fatto scattare un nuovo motto: “E ora licenziateci tutti”.

Antonio Scali

Nato in provincia di Reggio Calabria 25 anni fa, ha conseguito una Laurea Triennale alla Lumsa in Lettere Moderne e una Magistrale alla Sapienza in Filologia. Da sempre affascinato dal giornalismo, ha maturato diverse collaborazioni con siti internet, radio e tv occupandosi principalmente di sport.