HomeCronaca Macerata, no al rito abbreviato per l’uomo accusato della morte di Pamela

Macerata, no al rito breve
per l'uomo accusato
della morte di Pamela

La decisione spiazza difesa e procura

Il sindaco contestato fuori dall'aula

di Federico Marconi27 Novembre 2018
27 Novembre 2018

Omicidio volontario aggravato, violenza sessuale, vilipendio, occultamento e distruzione di cadavere. Sono tanti e troppo gravi i reati contestati a Innocent Oshegale, imputato per la tragica morte di Pamela Mastropietro, per sostenere un rito abbreviato. È quanto ha deciso lunedì 26 novembre il giudice dell’udienza preliminare Claudio Bonifazi del Tribunale di Macerata.

Oshegale, nigeriano di 29 anni, ora detenuto nel carcere di Forlì, sarà quindi processato con rito ordinario dalla Corte d’Assise della cittadina marchigiana. La prima udienza è in calendario per il 13 febbraio. Ieri davanti al Gup, il ragazzo africano ha letto una  lettera in cui chiede scusa alla famiglia di Pamela e si dichiara disposto a pagare per quello che ha fatto: il villupendio e l’occultamento del corpo della ragazza romana, non l’omicidio e la violenza sessuale.

Nel corso dell’udienza preliminare gli avvocati della difesa, Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, hanno provato a far saltare l’impianto accusatorio per la mancata notifica all’imputato delle perizie svolte dal tossicologo e dall’anatomopatologo sul corpo della ragazza. Non hanno avuto successo.

In aula era presente anche la famiglia di Pamela Mastropietro, parte civile nel processo, così come il sindaco di Macerata Romano Carancini. Il primo cittadino è stato contestato all’ingresso nel tribunale da un gruppo di manifestanti. “Io sto con Luca Traini” (il terrorista neofascista, già vicino alla Lega, che il 3 febbraio sparò per le strade di Macerata ferendo sei persone di colore) la frase surreale gridata verso il sindaco.

“I tempi per la sentenza si allungheranno: sentiremo almeno 50 testimoni. Tenteremo, in accordo con i difensori, il patteggiamento per ridurre per quanto possibile il contraddittorio” ha dichiarato alla fine dell’udienza il procuratore Giovanni Gorgio. L’accusa, così come la difesa, non era contraria al rito abbreviato.

“Ottenere giustizia per Pamela – ha affermato invece Adriana Verna, madre della vittima – è ora la mia unica ragione di vita, ma anche un dovere verso tutte le ragazze italiane”.

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