Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. / Foto Ansa

Per liberare gli ostaggiHamas chiede 3000 detenutiIl gelo di Israele sul piano

Gli Usa: ragioniamo su queste richieste e Blinken incontra Netanyahu

ROMA – Scambio di ostaggi israeliani per detenuti palestinesi, un cessate il fuoco totale,  aiuti umanitari e ricostruzione della Striscia. Queste le richieste principali avanzate da Hamas in risposta alla proposta inviata la scorsa settimana da Qatar e Egitto, che da giorni – di concerto con il governo francese e statunitense – mediano la trattativa sugli ostaggi tra Israele e Hamas. 

Le tre fasi di Hamas 

Il piano di quest’ultimo consta, secondo quanto scrive la Reuters (che ha visionato in anteprima la bozza), di tre fasi da svolgersi in 135 giorni. Nel corso della prima fase Hamas propone la liberazione di donne, anziani, malati e uomini sotto i 19 anni in cambio di donne e minori palestinesi detenuti. Durante la seconda, invece, si fissa lo scambio di uomini con altri detenuti e il ritiro dei soldati israeliani da Gaza. Nella terza, la restituzione dei corpi e un accordo per la fine definitiva del conflitto in corso. 

Come riporta il quotidiano libanese Al-Akhbar – vicino ad Hamas e agli Hezbollah –  il numero complessivo dei detenuti palestinesi, di cui è stato richiesto il rilascio, si aggira tra i 3.000 e i 5.000 prigionieri, di questi 500 sarebbero condannati all’ergastolo. Inoltre ha domandato – secondo quanto riportato da tv Kan – che venga impedito l’ingresso degli ebrei alla Spianata delle moschee che, per l’ebraismo, è, invece, il monte del Tempio.  

La chiusura di Israele 

Richieste definite “impossibili” dal governo di Israele, che ha rimarcato la sua intenzione di proseguire nell’offensiva. Tuttavia, secondo Kan tv, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe dato mandato al capo della Mossad David Barnea di concordare “un cessate il fuoco” transitorio di una settimana per ciascuna delle tre fasi proposte da Hamas. Inoltre, Israele – secondo quanto emerge da un messaggio che avrebbe inviato al Qatar – sarebbe pronto ad “attaccare le postazioni di Hamas a Rafah” in caso di fallimento delle trattive. 

Cauta apertura degli Stati Uniti

Più cauto, invece, l’approccio americano. Infatti, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, pur evidenziando che le richieste di Hamas “sono un po’ oltre”, si è detto disposto a ragionarci sopra. Proprio per discutere i termini di un possibile accordo il segretario di Stato americano Antony Blinken incontrerà il 7 febbraio Netanyahu. 

La camera bassa del Congresso degli Stati Uniti, il 6 febbraio, ha invece bocciato il disegno di legge repubblicano che proponeva di separare gli aiuti ad Israele da quelli all’Ucraina e a Taiwan. Dietro la disfatta del Grand old party la minaccia di Biden di porre sulla questione il suo veto, che avrebbe costretto il Congresso ad approvare la legge con la maggioranza dei due terzi di ciascuna camera.

Maddalena Lai

Sarda, laureata in Giurisprudenza e aspirante giornalista. Mi piacciono la scrittura, la politica e i diritti. Ho una vocazione per le cause perse e le domande scomode.