L’atto di denuncia sociale da parte degli influencer dei borseggiatori si scontra su diversi punti con la legge. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Ernesto Belisario, specializzato in diritto della tecnologia.
Come è valutata la vigilanza privata da un punto di vista legale?
“Il presupposto sacrosanto in uno Stato diritto è che nessuno si fa giustizia da solo e determinate funzioni spettano alle istituzioni e alle autorità. Inoltre, non possiamo trasformare i social in tribunali e i cittadini in sceriffi. Queste attività sono riprese preventive perché il fatto non viene ripreso per fare la denuncia. È uno strumento che tenta di bloccare l’azione dei borseggiatori, ma se lo applicassimo a tutti i settori della società sarebbe un contesto molto critico perché ognuno si sentirebbe sceriffo”.
Cosa ne pensa del ruolo di questi video denuncia? Possono essere utili?
“Non credo che senza quei video i borseggiatori restino impuniti. In ogni caso la sicurezza è una funzione pubblica. Se si vuole fare una denuncia, va fatta alle autorità competenti, la sicurezza non si persegue via social. Nel momento in cui viene pubblicato un post in realtà si vuole un’altra cosa: non punire qualcuno, ma provocare un danno diverso, magari la gogna mediatica”.
È legale riprendere cittadini senza consenso?
“È possibile fare le riprese in luoghi pubblici come la metropolitana ed è anche possibile utilizzare queste riprese a corredo di una denuncia. Tuttavia è sbagliato pensare di poter riprendere privati cittadini per difenderli da qualcuno o qualcosa. Non abbiamo questa funzione. Altro tema è la diffusione. Pubblicare immagini riconoscibili senza il consenso può configurare una violazione della normativa sulla protezione della privacy. Ovviamente in ambito giornalistico, per l’interesse pubblico e nel rispetto della dignità della persona, può esserci una deroga a questo principio ma deve essere comunque proporzionato e motivato”.
Dov’è che scatta l’eccesso di autodifesa?
“La giurisprudenza e le sentenze hanno definito una serie di requisiti dell’autodifesa, che sono regolati dall’articolo 52 del Codice di Procedura Penale. Tra questi il pericolo attuale, ovvero il fatto che ci debba essere una minaccia imminente in corso di esecuzione, e cioè né passata né futura. Ci deve essere un’offesa ingiusta, per cui l’aggressione contro cui si reagisce deve essere contraria alla legge e la reazione difensiva deve essere l’unica opzione possibile per sventare il pericolo. Quindi qualora ci sia una soluzione meno lesiva, come la fuga, bisogna perseguire quella strada. Infine, c’è la proporzionalità: il danno inflitto all’aggressore deve essere proporzionato al danno che si stava per subire. Questo crea un bilanciamento tra i beni giuridici in gioco, ad esempio la vita ha un valore superiore al patrimonio”.