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HomeCronaca Omicidio Piersanti Mattarella, arrestato per depistaggio l’ex prefetto Piritore

Omicidio Piersanti Mattarella
Arrestato per depistaggio
l'ex prefetto Filippo Piritore

Al centro il nodo del guanto del killer

Spunta il nome dell'ex n.2 del SISDE

di Clara Lacorte24 Ottobre 2025
24 Ottobre 2025

La macchina in via Libertà , luogo dell'agguato in cui è stato ucciso Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980 a Palermo | Foto ANSA

PALERMO – Un tassello amaro si aggiunge al mosaico sulla verità riguardante l’omicidio di Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La Direzione Investigativa Antimafia ha notificato gli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della squadra mobile e prefetto, indagato con l’accusa di depistaggio. Il 6 gennaio 1980 l’ex presidente della Regione Sicilia fu assassinato a Palermo mentre era alla guida della sua auto. Un sicario lo colpì a morte con diversi colpi d’arma da fuoco. 

Il cuore del depistaggio: il mistero del guanto

L’accusa mossa dalla Procura di Palermo è pesante: secondo i magistrati, le indagini sul delitto di Mattarella furono “gravemente inquinate e compromesse da appartenenti alle istituzioni” che sottrassero un recupero cruciale “all’evidente fine di impedire l’identificazione degli autori”. Il reperto chiave è un guanto in pelle trovato all’interno della Fiat 127 usata dal killer, ma che non fu mai repertato né sequestrato. Al mistero del guanto si collega la posizione di Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Per gli inquirenti Contrada, proprio nei mesi in cui si occupava dell’inchiesta sull’assassinio, aveva legami con Michele Greco e Totò Riina, componenti di Cosa Nostra. Inoltre, sostengono i magistrati, Contrada era presente sul luogo del delitto insieme all’ufficiale dei carabinieri Antonio Subranni e all’allora pm Piero Grasso e acquisì informazioni sia dalla vedova di Mattarella, Irma Chiazzese, sia dal figlio Bernardo, entrambi testimoni diretti dell’omicidio.

Foto del guanto di pelle marrone, dimenticato dall’assassino a bordo della Fiat 127, e ritratto in una delle fotografie del fascicolo dei rilievi tecnici compiuti il 6 gennaio 1980 dal Gabinetto regionale di Polizia scientifica di Palermo. Foto ANSA

Le versioni di Piritore smentite da alcune testimonianze

Piritore, sentito dai pm nel settembre 2024 sulla sorte del guanto, ha fornito una versione dei fatti complessa: avrebbe inizialmente affidato l’oggetto all’agente della polizia scientifica Di Natale, il quale avrebbe dovuto consegnarlo a Pietro Grasso, che all’epoca del delitto Mattarella era il sostituto procuratore titolare delle indagini . Sempre secondo Piritore, il magistrato avrebbe poi disposto la restituzione del reperto al Gabinetto regionale di polizia scientifica, e Piritore lo avrebbe poi consegnato a un altro membro della scientifica per gli accertamenti. L’indagato ha anche sostenuto che la squadra mobile fosse in possesso di un’annotazione che attestava la consegna. Interrogato il 25 giugno 2024 dai magistrati della procura palermitana, Pietro Grasso ha affermato di non avere mai chiesto o ricevuto il guanto né alcuna notizia in proposito da parte della polizia giudiziaria. A smentire Filippo Piritore è anche Di Natale che ha escluso di avere mai ricevuto il reperto da recapitare a Grasso. “Ritengo anomala la consegna diretta a uno di noi – ha detto ai pm – Del resto, la mia funzione era quella di dattiloscopista, facevo i confronti e non uscivo mai dal laboratorio”.

La versione dell’accusa

Anche secondo l’accusa, tuttavia, la narrazione di Piritore è inverosimile e illogica: emergerebbe il quadro di una prova decisiva – della cui esistenza fu informato anche l’allora ministro dell’Interno Rognoni – sballottata senza motivo per giorni da un ufficio all’altro. Le dichiarazioni dell’ex funzionario contrastano inoltre con le testimonianze di protagonisti come Piero Grasso e l’agente Di Natale, con la prassi consolidata di repertare e sequestrare quanto utile alle indagini in casi analoghi.

Il movente dell’omicidio e i nuovi indagati

La Corte d’Assise ritenne che Mattarella, da presidente della Regione, aveva intrapreso una “politica di rinnovamento, resa ancor più incisiva per i poteri di controllo che lo stesso aveva come presidente e che, per primo nella storia della Regione, aveva esercitato anche nei confronti del Comune”. Il riferimento era agli appalti e alla contrapposizione dell’ex presidente al sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino, al cui rientro nel partito Mattarella si era fermamente opposto. Il processo ha accertato che tra le cause dell’omicidio c’era inoltre l’azione di profondo rinnovamento che la vittima esercitava, tentando di spezzare il legame fra Cosa nostra e certa politica. Recentemente i pm hanno iscritto nel registro degli indagati per il delitto, come esecutori materiali, i boss Nino Madonia e Giuseppe Lucchese. Nell’ambito di quest’ultima tranche d’indagine è in corso un incidente probatorio sulle impronte trovate sulla Fiat 127 usata dai killer.

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