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"Sarà l'Occidentea decidere il futurodella guerra in Ucraina"

L'analista Mussetti a Lumsanews "Il conflitto non finirà presto"

Quella che sembrava potere essere una guerra lampo si è trascinata per un anno, trasformandosi in una guerra per procura. La fine del conflitto, lontana, dipenderà dalla disponibilità di armamenti ma anche dalla tenuta del fronte interno russo e ucraino. Mirko Mussetti è esperto di geopolitica e geostrategia, scrive per Limes e altre riviste di settore. A Lumsanews analizza gli sviluppi della guerra e gli interessi delle parti coinvolte.

Prima dell’invasione russa dell’Ucraina, lei è stato tra i pochissimi a considerare reale la possibilità dell’inizio della guerra. Come si è arrivati al conflitto?

“Per tutto il 2021 il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di ‘linee rosse’, riferendosi alla presenza occidentale in termini di asset militari in Ucraina. Putin voleva impedire l’ingresso dell’ex satellite nella Nato e nell’Unione Europea e ha iniziato a stanziare le sue truppe lungo il confine, con un escamotage: ha organizzato delle esercitazioni militari che servivano da pretesto per ammassare mezzi in quella zona. Una tecnica adoperata per mascherare l’operazione è stata la sostituzione dei carri armati con dei gonfiabili a forma di mezzi militari, che facevano credere che quegli strumenti bellici stessero tornando nelle regioni da cui erano partiti. Oppure sono state sostituite le targhe dei veicoli, ingannando l’osservatore sui movimenti all’interno del territorio russo. O ancora i militari venivano spostati in borghese, per cui non si riuscivano a capire i numeri della mobilitazione. L’Occidente ha così sottovalutato il dispiegamento di forze russe”.

Poi la Russia ha invaso l’Ucraina.

“Lo ha fatto in maniera avventata per evitare che l’Ucraina si rafforzasse, pensando che l’Occidente non sarebbe intervenuto. Ma anche se l’Occidente non ha direttamente difeso l’Ucraina, le ha garantito le armi, trasformando il conflitto in una guerra per procura. La Russia sperava di risolvere in fretta la questione sostituendo il governo ucraino con uno filorusso, e infatti ha puntato subito verso Kiev, non lontana dai confini con la Bielorussia, che di fatto è un satellite russo. Ma solo metà del governo è scappato a Leopoli. Sono rimasti a Kiev i membri più importanti dell’amministrazione ucraina, a partire dal presidente Volodymyr Zelensky. È fallito quindi il tentativo di blitzkrieg, di una guerra lampo”.

E la guerra va avanti da un anno.

“La Russia sta pianificando un’economia che supporti l’apparato bellico per una guerra lunga. Sta militarizzando la società raccontando il conflitto (non più chiamato “operazione militare speciale”) come una difesa dall’aggressione della Nato. L’Ucraina, al contrario, non può pensare di continuare a lungo la guerra, perché la sua industria è devastata. Gli armamenti delle forze ucraine, di origine sovietica, si stanno esaurendo. Non si possono riparare gli strumenti danneggiati perché i pezzi di ricambio si trovano in Russia. Gli ucraini stanno cercando di ottenere tutti gli armamenti possibili dai Paesi dell’ex patto di Varsavia ma anche dai Paesi del Nordafrica come il Marocco, in una dinamica particolare: dei carri armati marocchini che si trovavano in Repubblica Ceca per manutenzione sono stati trasferiti all’Ucraina, mentre gli Usa hanno ‘compensato’ il Marocco con dei mezzi americani, gli Abrams. Ma poiché anche questi strumenti stanno finendo, l’Ucraina può solo affidarsi all’aiuto occidentale. Questo vuol dire che dall’Occidente dipendono le sorti del conflitto. Saremo noi a decidere quanto durerà questa guerra: se inviamo le armi l’Ucraina si difende, se non lo facciamo la obblighiamo alla trattativa”.

A questo punto quanto è forte il sostegno alla guerra della popolazione russa?

“Secondo il centro studi Levada -un’organizzazione russa indipendente e non governativa che compie sondaggi e ricerche sociologiche – la maggior parte dei russi è favorevole alla guerra. La crisi iniziale interna al fronte russo sembra superata. Ma chi è fuggito dal paese per evitare di essere mandato al fronte ora è costretto a rientrare per questioni di visto. Non è un caso che il Cremlino abbia stabilito un centro di reclutamento al confine con il Kazakhstan, dove si sono rifugiati molti russi che ora probabilmente verranno mandati in guerra. È anche vero che la mobilitazione è stata tutto sommato accettata perché non vengono arruolati i russi etnici quanto quelli di etnie che vengono considerate subordinate. Un altro particolare significativo è che le proteste contro la guerra sono avvenute in diverse repubbliche russe (Dagestan, Buriazia, Jacuzia), ma non in Crimea, che non sembra voler tornare sotto Kiev. L’idea di liberare la Crimea potrebbe rivelarsi un disastro sia per noi occidentali sia per gli ucraini”.

L’Occidente sceglierà di continuare a mandare le armi all’Ucraina?

“Noi occidentali siamo gelosi della nostra tecnologia. Gli Usa hanno detto che i carri armati Abrams che manderebbero all’Ucraina sarebbero prodotti da zero, dimostrando di non volere attingere dai propri magazzini, anche perché qualora emergessero crisi in altre aree del mondo gli Stati Uniti non potrebbero farsi trovare impreparati. Produrli da zero significherebbe anche poter applicare delle modifiche per evitare che la Russia, se riuscisse a impadronirsi di questi mezzi, accedesse a queste tecnologie. Per quanto riguarda i Leopard 2 tedeschi che si trovano in Polonia, questi sono soggetti a molte condizioni imposte da Berlino. E poiché la Polonia non vuole dipendere dalla Germania, sarebbe contenta di liberarsi di questi mezzi per darli all’Ucraina e ottenere al loro posto gli Abrams americani. Gli Usa ne sarebbero avvantaggiati anche economicamente. In ogni caso nei prossimi mesi probabilmente l’Occidente continuerà a fornire armi a Kiev. Il nostro governo, con quello francese, ha deciso di mandare il sofisticato sistema missilistico Samp/T, facile da consegnare ma che implicherebbe anche l’invio di munizioni. Vorrebbe dire attingere dalle proprie riserve”.

E praticamente è sostenibile?

“Ci sono dei limiti tecnici da considerare. Consegnare sistemi all’Ucraina vuol dire privarsene. E c’è un problema di munizionamento, i nostri magazzini si stanno svuotando. Questo potrebbe portare a un cambiamento di linea, magari con il cambio del Segretario Generale della Nato, che è all’ultimo anno del suo mandato. Probabilmente il prossimo non sarà originario di un Paese del Nord Europa. A venire meno sono anche gli uomini: l’Ucraina fatica a sostituire i soldati al fronte, dove ci sono gli uomini migliori, mentre le nuove reclute sarebbero meno preparate. E si tratterebbe anche di uomini poco disponibili a morire per una guerra in cui non credono. Un gruppo di carristi ucraini è stato mandato in Germania per essere addestrato sui Leopard 2, ma due di questi hanno chiesto asilo politico per non prendere parte a un conflitto insensato. E l’Occidente probabilmente non sarebbe disposto a inviare i suoi uomini”.

E per quanto riguarda il fronte interno ucraino?

“Oltre all’aspetto bellico certamente molto dipenderà dalla tenuta del fronte interno ucraino. Ricordiamo che anche Zelensky è all’ultimo anno del suo mandato, per cui deve consolidare il potere per vincere le prossime elezioni. Questo spiega il repulisti delle ultime settimane. Inoltre, la morte del ministro dell’Interno ucraino, del viceministro dell’Interno e del Segretario di Stato nell’incidente aereo dell’elicottero esploso va letta in questo contesto: difficilmente la responsabilità può essere attribuita alla Russia”.

Come potrebbe finire la guerra?

“Potrebbe finire con uno stallo senza un trattato di pace. Il Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti, Mark Milley, ha configurato uno scenario “coreano”. In Corea dopo anni di guerra ad alta intensità il fronte si era stabilito sul trentottesimo parallelo, che è diventato la linea della tregua. Lo stesso potrebbe succedere in Ucraina. La Russia, che non può permettersi una sconfitta perché la popolazione non accetterebbe di perdere contro un ex satellite, cercherà di conservare quanto guadagnato sul campo. La Crimea è considerata intoccabile al punto che se l’Occidente cercasse di riprenderla potrebbe scattare lo sdoganamento del dispositivo atomico, sviluppo che nessuno vorrebbe. Lo stallo potrebbe giungere con la cessione dei territori del quadrante sud-orientale dell’Ucraina ceduti alla Russia senza un trattato di pace”.

Mirko Mussetti, analista di geopolitica per Limes, InsideOver e altre riviste di settore

Veronica Stigliani

Laureata in Relazioni Internazionali presso l’Università di Bologna nel 2019 con una tesi intitolata "States and non-state actors in the Middle East", collaboro con The Euro-Gulf Information Centre (EGIC), OSMED-Osservatorio sul Mediterraneo e La fionda.