HomeEsteri Il Generale Farina: “Il nucleare sarebbe una catastrofe”

"La svolta nucleare?
Sarebbe una catastrofe
ma non è da escludere"

Il Generale Salvatore Farina a Lumsanews

"La coesione ucraina è l'arma in più"

di Lorenzo Urbani14 Febbraio 2023
14 Febbraio 2023

Il Generale Salvatore Farina, ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, in un’intervista rilasciata a Lumsanews, ripercorre le fasi salienti dell’invasione e offre un’analisi delle strategie e degli armamenti impiegati dalle due fazioni.

Lei è stato capo del Centro operativo interforze dello lo Stato maggiore della difesa, pianificando e dirigendo le operazioni militari delle forze armate italiane tra Bosnia, Albania, Macedonia, Kosovo alla fine degli anni ‘90. Quanto è cambiato il modo di condurre le operazioni belliche rispetto a quegli scenari?

“Le operazioni condotte in Bosnia, Albania e Kosovo appartengono a quella categoria di missioni militari di risposta alle crisi e in supporto della pace al fine ristabilire le condizioni di sicurezza o il rispetto degli accordi, in attuazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza ONU o di un mandato internazionale. L’uso della forza in questo tipo di operazioni è sempre regolato e può variare dall’autodifesa nei casi di peacekeeping  (UNIFIL in Libano) a vere e proprie azioni belliche nei casi di peace-enforcing (Korea nel ’50 e Kuwait nel ’91). L’aggressione della Russia contro lo  Stato libero e indipendente dell’Ucraina, oltre ad aver violato palesemente il diritto internazionale, è una guerra classica con operazioni belliche diffuse e ad alta intensità e, purtroppo, efferate violenze anche contro i civili”.

Come è riuscita l’Ucraina a resistere all’avanzata russa all’inizio del conflitto?

“Nella prima fase iniziata il 24 febbraio le truppe russe hanno condotto un attacco su più fronti per disarticolare l’esercito avversario e sostituire i Vertici Ucraini. Ciò non è accaduto per la fortissima coesione militare ma soprattutto per lo spirito di resistenza della popolazione che forse i russi non si aspettavano. Il fattore principale è stato quindi la volontà ferrea di non sottomettersi all’invasore, ma anche gli armamenti hanno aiutato. Fondamentale all’inizio della guerra l’uso dei missili portatili contro-carro Javelin, forniti dagli occidentali, così come assai importante è stato il supporto   dei droni Bayaktar impiegati dagli ucraini sin dai primi giorni per arrestare e neutralizzare le colonne corazzate russe”.

Generale Salvatore Farina, Presidente Centro Studi Esercito, già Capo di Stato Maggiore Esercito

Da cosa è dipesa questa frenata iniziale dell’avanzata russa?  È stato commesso un errore di valutazione?

“A parte la velleità di condurre un blitz su Kiev in pochi giorni, la dirigenza russa ha commesso l’errore strategico di attaccare su un fronte lungo circa 3000 chilometri con una dispersione di forze che ha facilitato molto il difensore. Diverso sarebbe stato se quell’entità di 150mila uomini, carri armati e velivoli russi fossero stati concentrati soltanto nell’area Sud Est. In quel caso l’attacco avrebbe avuto un esito molto diverso, con la probabile conquista della riva sinistra del fiume Dnepr, dividendo così in due il territorio Ucraino. L’esercito russo non ha applicato un principio fondamentale dell’arte della guerra: la concentrazione degli sforzi”.

Si può affermare che il conflitto abbia definitivamente consolidato l’impiego di droni portatili nello scenario bellico?

“L’impiego diffuso di droni  è la più grande novità di questo conflitto, con forte impatto sulla manovra e sugli schieramenti. I mini e micro droni ad esempio possono essere usati sia con funzione di osservazione e ricerca obiettivi (grazie a telecamere e sensori a ricerca di calore, possono rivelare posizioni nemiche, nonché campi minati) sia come trasportatori di ordigni per  neutralizzare l’avversario. La presenza di questi mezzi imprevedibili, silenziosi e letali richiede nuove posture difensive e l’introduzione di sistemi contro-droni in grado di individuarli e neutralizzarli attraverso attacchi elettromagnetici o con armamento cinetico.

Si è parlato molto dell’invio all’Ucraina di carri armati Leopard e Abrams. Secondo lei, qualora capitasse che questi armamenti cadessero in mani nemiche, potrebbe sussistere una possibilità che i russi copino queste tecnologie?

“I russi hanno dei carri armati all’avanguardia come i T80, T90 e in numero limitato il  nuovo T14 Armata quindi sono stati e sono tuttora produttori di ottimi mezzi. Quando si è in guerra bisogna mettere in conto anche la possibilità che un proprio sistema finisca nelle mani dell’avversario. Poi occorre tener conto che la competizione tecnologica è sempre presente anche e soprattutto in tempo di pace, quindi non sarebbe un disastro per l’Occidente”.

Tempo fa Dmitrij Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, ha dichiarato che il suo paese userà il nucleare se Kiev attaccherà le regioni russe. Secondo lei, quante probabilità ci sono che questa guerra scaturisca in un conflitto nucleare?

“Le dichiarazioni di Medvedev avvengono ormai periodicamente. Sono messaggi trasversali per cercare di far dividere l’opinione pubblica occidentale. La svolta nucleare è possibile ma non la ritengo probabile perché le conseguenze sarebbero catastrofiche anche per la stessa Federazione Russa. L’Ucraina da parte sua tende a difendere i propri confini; le poche incursioni ucraine in regioni russe sono avvenute a ridosso del confine solo per neutralizzare convogli e depositi nemici. Quindi non vedo né la possibilità pratica né la volontà degli uomini di Zelensky di andare ad occupare territori russi”.

Con le tecnologie e gli armamenti di oggi quanto pensa potrà durare ancora questo conflitto?

“Tutti auspichiamo che la guerra finisca, ma la realtà purtroppo ad oggi è un’altra. È possibile che la Federazione Russa scateni un grande attacco a tutto campo tra qualche settimana. L’obiettivo di Mosca è sempre quello di giungere a una situazione militare così favorevole per poi presentarsi ai tavoli negoziali in una posizione di forza. L’esercito ucraino continuerà a difendersi portando, inevitabilmente, a un prolungamento del conflitto con nuove sofferenze per la popolazione civile. E’ auspicabile che si giunga al più presto a un cessate il fuoco. Altrettanto importante sarà poi non seguire i modelli approssimati degli accordi di Minsk 1 e 2 che causerebbero ancora tensioni e conflitti per i prossimi decenni. Occorre puntare invece ad accordi chiari e ad oggettive misure di implementazione, per una pace che dovrà essere solida e sostenibile nel tempo, che contempli anche un nuovo quadro di equilibrio strategico e il ritorno al rispetto del diritto internazionale”.

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